20/07/2018 di Redazione

Additive manufacturing fra pionieri e grandi prospettive

La stampa 3D industriale in Italia sta avanzando a piccoli passi, ma già elargisce soddisfazioni a chi ha iniziato a crederci per tempo. Realtà come il Politecnico di Torino e Prosilas lo testimoniano, anche grazie al supporto dei sistemi Eos.

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Non si può più considerare l’additive manufacturing come un tema di frontiera. Anche in Italia se ne parla da diversi anni e non mancano realtà che dalle sperimentazioni sono passate alla produzione. Anche se, come rileva Luca Iuliano, Ordinario di Tecnologie e Sistemi di Produzione del Politecnico di Torino, “nella maggior parte dei casi, sembra mancare una vera strategia, costruita a monte per capire quali pezzi o materiali produrre e con quali macchinari”.

Eos è una delle realtà di punta nel campo della stampa 3D, la cui visione sul futuro della produzione industriale ha radici lontane nel tempo, visto che la fondazione dell'azienda risale al 1989. “Lo sviluppo è stato costante anche grazie all’indipendenza garantita da una proprietà che è sempre rimasta legata alla famiglia del fondatore, Hans Langer”, spiega Giancarlo Scianatico, regional manager per l’Italia. “Secondo Frost & Sullivan, il mercato crescerà del 15% all’anno fino al 2025 e noi siamo allineati a questi numeri. Oggi possiamo contare su un fatturato di 346 milioni di euro, un installato superiore ai 3.000 sistemi, più o meno equamente divisi fra metallo e polimeri, e clienti in 65 paesi”.

 

I numeri sembrano incoraggiare gli investimenti in questa direzione ed esistono grandi gruppi industriali e realtà anche più piccole che finanziano ricerca e progetti. Ma al di là della diffusa pratica della creazione di prototipi o delle produzioni in quantità limitate, non sono poi così tante le realtà che sull’additive manufacturing hanno costruito una visione strategica.

 

Eccezioni italiane: due storie di successo

Un’eccezione è costituita dalla marchigiana Prosilas, nata nel 2003 dall’intuizione di Giulio Menco e altri due soci, che inizialmente volevano produrre prototipi utili alle progettazioni di architetti e ingegneri. Se quest’attività non ha mai realmente visto la luce, è perché presto l’azienda ha iniziato a lavorare con realtà come Clementoni e iGuzzini, per poi andare via via a specializzarsi nella produzione di polimeri, utili per la realizzazione di grandi parti destinate soprattutto al settore dell’automotive, ma anche dei giocattoli, della moda e dell’artigianato.

 

Fin dagli esordi, Prosilas ha utilizzato i sistemi Eos partendo da un modello di P 380: “Quando nel 2008 gli altri soci sono usciti, la mia famiglia ha proseguito da sola nell’attività”, ricorda Vanna Menco, figlia di Giulio e oggi amministratore delegato. “La svolta è arrivata con l’adozione del modello P 770, che ci ha consentito di passare dalla prototipazione alla produzione vera e propria. Oggi lavoriamo con nove macchine per la sinterizzazione plastica e per il 70% produciamo parti dirette, ma lavoriamo anche sul test di nuovi polimeri da lanciare sul mercato”.

 

In campo universitario, esistono diversi poli dove si lavora sull’additive manufacturing. Una parte di questi fanno parte del Ciram (Centro Interuniversitario di Ricerca per l'Additive Manufacturing), varato nel maggio di quest’anno e del quale fanno parte Brescia, Bari, Firenze, Salerno, Pisa, Napoli e Palermo. A guidarlo, non a caso, c’è il Politecnico di Torino, che addirittura nel 1991 aveva avviato un pionieristico progetto di ricerca sulla prototipazione rapida. Assieme al collega Rosolino Ippolito, fu Luca Iuliano a dar vita a quell’attività, che è poi evoluta nel tempo. Nel 2005, in collaborazione con il gruppo di ricerca dei materiali messo in pista dal professor Paolo Fino, si dà avvio alla produzione additiva di metalli con l’acquisto di una stampante Eos M 250.

 

 

Le prime sperimentazioni e collaborazioni con industrie come Avio Aero e ThalesAlenia attraggono l’attenzione delle istituzioni, in primis la Regione Piemonte, che finanziano la nascita del centro Iam (Integrated Additive Manufacturing), dove oggi lavorano una ventina di ricercatori e altrettanti dottorandi: “In questi anni abbiamo imparato a conoscere il mondo della manifattura additiva e a sperimentarne le caratteristiche per creare innovazione”, ricorda Iuliano. “Il nostro obiettivo è arrivare a governare l’intera supply chain nel campo dei metalli e dei polimeri. Abbiamo lavorato al nostro interno per coinvolgere altri dipartimenti interessati e all’esterno per trovare sostegno e supporto pratico nella creazione di progetti, laboratori e acquisti di nuove tecnologie. Vogliamo provare a creare nuove componenti e materiali che allarghino le potenzialità di utilizzo dell’additive manufacturing. Puntiamo molto anche sulla formazione, per rafforzare il nostro lavoro e proiettarlo verso il mondo dell’industria, che già oggi mostra molto interesse verso la competenza dei nostri ricercatori”.

 

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