Il successo ha il suo prezzo. Per Amazon, quello di riuscire a deludere – gli analisti e il mercato – pur chiudendo la sua trimestrale migliore di sempre, con un fatturato di 35,8 miliardi di dollari nel periodo compreso fra inizio ottobre e fine dicembre 2015, corrispondente a una crescita del 22% rispetto all’ultimo spicchio del 2014. L’utile per azione è arrivato a 1 dollaro, raddoppiando i 45 centesimi dell’analogo periodo di un anno prima, come conseguenza di un raddoppio dell’utile netto trimestrale da 214 milioni a 482 milioni di dollari.
Limitando l’analisi al cloud computing di Amazon Web Services, il balzo in avanti è stato molto più lungo: le vendite sono passate da 1,4 miliardi a 2,4 miliardi di dollari (+69%), il profitto operativo da 240 milioni a 687 milioni di dollari.
Tutto questo, però, non è bastato al mercato, che ha reagito provocando per le azioni Amazon un calo di oltre il 10% nell’after hours (con danni limitati, perché il titolo era cresciuto del 9% nelle contrattazioni regolari). Il motivo è presto detto: gli analisti si attendevano di più, forse troppo. La stima del consensus di Thomson Reuters era, infatti, di 35,98 miliardi di dollari di fatturato e di 1,55 dollari di utile per azione.
E c’è un altro problema di fondo, ovvero lo sbilanciamento fra le attività legate al cloud e le restanti, ovvero e-commerce e servizi vari (come il noleggio video). Mentre per le vendite di Aws il margine di profitto operativo arriva al 29%, per il restante business si limita al 3% a causa di costi troppo alti. Come riassunto dal Ceo della società di analisi Conlumino, Neil Saunders, la profittabilità dell’azienda di Jeff Bezos è ancora “dolorsamente bassa”, ma questo può essere frutto di una strategia consapevole, legata agli investimenti che l’azienda sta facendo per andare alla ricerca di future opportunità di crescita.