17/05/2019 di Redazione

Anonymous sembra scomparso, ma forse sta solo “riposando”

I casi denunciati di attacchi da hacktivismo, in buona parte legati ad Anonymous, sono diminuiti del 95% negli ultimi quattro anni. Gli analisti di Ibm X-Force però avvertono: un momento di quiete non mette la parola fine.

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Smetteremo di vedere la maschera di Anonymous a illustrazione di tante notizie sul cybercrimine e sugli attacchi informatici? Forse non completamente, ma di certo l’hacktivismo (o hacktivism, per dirla in lingua originale) è in pesantissimo declino: stando a un’analisi pubblicata ieri da Ibm X-Force, il fenomeno si è ridotto del 95% dal 2015 a oggi. Una conferma di quanto molti analisi vanno sostenendo da tempo. Non che l’opera degli “hacker attivisti” sia totalmente riconducibile ad Anonymous, ma è stato questo il gruppo più mediaticamente visibile, fin dal 2006, e il più citato nelle rivendicazioni degli autori degli attacchi (a volte effettivamente affiliati a questo collettivo, altre volte semplici imitatori).

 

Fonte: Ibm X-Force

 

A detta degli esperti di Ibm X-Force, Anonymous è il reale responsabile di circa 45% degli episodi di hacktivismo emersi a oggi, mentre un 9% è riconducibile al gruppo Lizard Squad (quello che nel 2014 attaccò la rete di Sony). Ci sono poi i millantatori, i “fake Anons", mossi da ragioni personali di natura politica, ideologica o economica. E c’è anche un altro fenomeno, quello di gruppi formati da hacker legati a governi nazionali, solitamente appartenenti ad agenzie di intelligence, i quali hanno messo la maschera di Anonymous per raggiungere secondi fini di propaganda politica o ideologica.

 

Il crollo del 95% del numero dei casi è certamente notevolissimo, ma il dato si ridimensiona un po’ considerando che l’anno di riferimento, il 2015, era stato il momento di massimo picco, con 35 episodi pubblicamente denunciati. Anonymous aveva colpito, tra gli altri, pagine Web di propaganda terroristica legati all’Isis, ma anche il sito Internet di prevendita dei biglietti per Expo 2015, mentre per danneggiare gli affiliati al Ku Klux Klan era stata minacciata la diffusione dei numeri di telefono di 57 di loro.

 

L’anno seguente il bersaglio preferito di Anonymous in Italia era stata la Sanità, con hackeraggi ai siti del Ministero della Salute e della Croce Rossa Italiana e dell’Istituto Superiore di Sanità. Nel 2017 i casi denunciati furono solo cinque, due quelli del 2018 e nessuno, finora, nell’anno in corso. Visti i piccoli numeri, si comprende meglio la natura di un calo numerico del 95%, dato che forse ha poco valore in senso strettamente statistico ma è nondimeno illuminante.

 

 

Perché l’hacktivismo è sparito dal Web? I ricercatori citano due fondamentali fattori, cioè lo scioglimento del gruppo Anonymous e l’efficacia del lavoro fatto negli anni precedenti dalle forze dell’ordine. Quelle britanniche, statunitensi e turche, sommate tra loro, dal 2011 a oggi hanno arrestato non meno di 62 hacktivisti, senza contare le operazioni non trapelate sui media. Tuttavia, dare il fenomeno per molto e sepolto sarebbe alquanto avventato. Come sottolinea Camille Singleton, analista di Ibm X-Force, “questioni critiche di giustizia sociale, insieme alle crescenti capacità organizzative dei gruppi hacktivisti e un più forte spostamento verso aree non raggiungibili dalle forze dell’ordine sono tutti fattori che potrebbero drasticamente cambiare il volto dell’hacktivismo in tempi relativamente brevi. È assai probabile che l’hacktivismo stia attraversando una fase di quiete ma non sia arrivato alla fine".

 

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