17/06/2016 di Redazione

Apple accusata di aver copiato uno sconosciuto cellulare cinese

Un ufficio di Pechino potrebbe bloccare le vendite di iPhone 6 e iPhone 6 Plus nell’area metropolitana della capitale: il design dei melafonini sarebbe troppo simile a quello dei dispositivi realizzati dall’azienda Baili Marketing Service. “Il consumatore

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Questa volta la Cina potrebbe trasformarsi in una brutta tegola per Apple. L’Intellectual Property Office di Pechino, ente che si occupa di tutelare la proprietà intellettuale dei prodotti realizzati nel Paese del Dragone, avrebbe imposto lo stop alle vendite di iPhone 6 e iPhone 6 Plus nell’area metropolitana della capitale perché sarebbero troppo simili a un altro smartphone realizzato dalla società Baili Marketing Service, con sede a Shenzhen. Restando seri, i solerti funzionari hanno ritenuto i melafonini quasi uguali ai dispositivi della famiglia 100+ del brand cinese, dopo aver analizzato un esposto depositato proprio da Baili. Nel proprio rapporto, l’Intellectual Property Office ha scritto che il consumatore medio non sarebbe in grado di notare le “minime differenze” tra il design dell’iPhone di sesta generazione e i 100+. Da qui l’accusa ad Apple di aver infranto una serie di brevetti sull’estetica dei prodotti.

Il colosso di Cupertino, spalleggiato dal proprio partner distributivo cinese Zhongfu Telecom (anch’esso coinvolto nella questione), si è subito opposto all’ordine esecutivo dell’ente di Pechino, sottolineando come i brevetti di Baili non abbiano proprio nulla a che fare con i propri device. La decisione finale è attesa nei prossimi giorni. In effetti, confrontando le immagini è molto difficile confondere i due smartphone.

Ma la decisione dell’ufficio pechinese potrebbe rappresentare un pericoloso precedente per Apple, che nel secondo trimestre dell’anno fiscale in corso ha fatturato nella cosiddetta Greater China (Cina, Hong Kong, Macao e Taiwan) circa 12,49 miliardi di dollari, un quarto delle proprie vendite totali. Fare business nel Paese del Dragone è difficile per qualsiasi compagnia straniera, ma i rapporti tra la burocrazia locale e la Mela erano sempre stati più distesi di quanto non fossero con altre realtà statunitensi.

Almeno fino allo scorso aprile quando, senza una motivazione apparente, il regime cinese ha imposto il blocco ai servizi iBook Store e iTunes Movie Store. Secondo diverse fonti giornalistiche, la decisione sarebbe arrivata direttamente dal presidente Xi Jinping, “stufo” di non ottenere risposta da Apple in merito agli algoritmi crittografici utilizzati per proteggere la privacy degli utenti cinesi. Una sicurezza mai accettata totalmente dal regime comunista, che avrebbe così voluto impartire una lezione al gigante californiano.

 

L'iPhone 6 a sinistra e il 100+ a destra

 

Ma che i tempi sul suolo cinese non siano più facili nemmeno per la Mela è testimoniato anche da un altro fatto. Come riporta Forbes, a maggio l’Alta Corte Popolare Municipale di Pechino si è pronunciata a favore del produttore di oggetti in pelle Xintong Tiandi Technology: la società potrà continuare a utilizzare il marchio IPHONE, scritto appositamente tutto in maiuscolo, per i propri portafogli, borsette e cover per cellulari.

Apple, secondo Forbes, avrebbe cercato per anni di impedire a Xintong di sfruttare il nome dell’iconico smartphone per i propri prodotti. Per tutti questi motivi lo scorso mese Tim Cook ha compiuto un lungo viaggio in Cina, cercando di corteggiare i mandarini locali aprendo anche il portafoglio per sostenere una serie di startup. Oltre al massiccio investimento da un miliardo di dollari in Didi Chuxing, azienda che offre un servizio di ride-hailing del tutto simile a quello di Uber.

 

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