02/03/2015 di Redazione

Apple ancora sotto accusa per i brevetti Ericsson e Smartflash

L’azienda svedese ha fatto causa alla Mela per il suo rifiuto di continuare a pagare per 41 brevetti, relativi alla gestione del traffico vocale e dati su reti mobile. Non si placa, intanto, la guerra contro Smartflash: dopo la condanna al pagamento di 53

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Con il pretesto dei brevetti, tutti cercano di spremere succo dalla Mela. Questo direbbe un difensore di Apple di fronte alle nuove accuse giunte all’azienda di Cupertino in merito all’utilizzo (non pagato) di alcuni brevetti, mentre il punto di vista opposto darebbe ragione a Ericsson e Smartflash, protagonisti dei due ultimi casi di cronaca giudiziaria. La nuova disputa fra la società svedese e quella californiana è per certi versi esemplificativa di una tendenza che va affermandosi negli ultimi anni: il ricorso al tribunale come tentativo di ottenere migliori condizioni economiche in accordi da ricontrattare.

Facciamo un passo indietro. La scorsa settimana Ericsson ha depositato ben nove cause contro Apple, sette affidate a una corte distrettuale texana e due alla U.S. International Trade Commission: in gioco ci sono 41 brevetti utilizzati per collegare l’iPhone e l’iPad alle reti 2G, 3G e 4G e per gestire le chiamate vocali e lo scambio di dati. Fino al mese di gennaio l’azienda della Mela ha pagato regolarmente per il loro sfruttamento, salvo poi rifiutarsi di rinnovare l’accordo secondo i termini pretesi da Ericsson.

Ora, dato il prevedibile sbocco di tale rifiuto nell’aula di un tribunale (due, in questo caso), l’interpretazione più ovvia del comportamento di Apple è che si tratti di una mossa calcolata. Sempre più spesso, le aziende tecnologiche stanno utilizzando la via giudiziaria per spuntare condizioni contrattuali migliori o addirittura la possibilità di sfruttamento gratuito di brevetti. Quest’ultima opzione può verificarsi qualora il tribunale o la commissione giudichi le tecnologie contese come standard ormai affermati e irrinunciabili per un dato settore di mercato o tipologia di prodotto. In tal caso, il brevetto può essere sottoposto a un accordo di tipo “Frand”, cioè equo, ragionevole e non discriminatorio (Fair, Reasonable And Non-Discriminatory) e va detto che la vaghezza di tale etichetta lascia spazio a diverse interpretazioni e, spesso, all’ultima parola del tribunale.

Nel caso specifico dei 41 brevetti Ericsson, è presto per ipotizzare come andrà a finire, anche perché la stessa azienda svedese non ha quantificato la propria richiesta di risarcimento per le mancate royalties. Oltre a un pagamento in denaro, la società ha chiesto di bloccare le vendite di iPhone e iPad negli Stati Uniti.

 

 

Non è questo l’unico grattacapo di Apple del mese appena iniziato. La vicenda dei brevetti Smartflash, già sbocciata nella condanna al pagamento di 532,9 milioni di dollari di risarcimento (per cui Apple ha già chiederà un processo d’appello), potrebbe avere un secondo capitolo. La società proprietaria di brevetti usati per gestire dati e pagamenti su iTunes e App Store ha fatto nuovamente causa ai californiani per le medesime tecnologie protette da copyright.

Questa seconda causa, mirata evidentemente a spremere altri soldi in quel di Cupertino, contesta l’impiego di tali brevetti in dispositivi non inclusi nella prima contestazione, ovvero iPhone 6, iPhone 6 Plus e iPad Air 2. Smartflash non sviluppa prodotti proprietari ma è invece una società che gestisce brevetti e relative licenze d’uso. Attualmente, oltre alla Mela morsicata, l’azienda ha in corso cause simili contro Samsung e in passato ne ha avute con Google e Amazon.
 

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