24/09/2012 di Redazione

Apple festeggia, alla Foxconn si lotta

La casa di Cupertino rende noti i dati di vendita dell’iPhone 5 nel suo primo trimestre di disponibilità: cinque milioni di unità vendute. In una fabbrica della Foxconn, invece, 2mila operai hanno incrociato le braccia dopo violenti scontri all’interno de

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Cinque milioni di iPhone 5 venduti nel primo fine settimana: il comunicato diffuso oggi da Apple parla chiaro ed incensa le “prestazioni” dell’ultimo gioiello di Cupertino. Senza ovviamente scordarsi di sottolineare come oltre 100 milioni di dispositivi iOS siano già stati aggiornati ad iOS 6, “il sistema operativo mobile più avanzato al mondo”.



La saga dell’iPhone 5 è oltretutto appena iniziata: oggi è disponibile solo negli Stati Uniti e in Australia, Canada, Francia, Germania, Hong Kong, Giappone, Singapore e Regno Unito. Dal 28 settembre lo sarà in altri 22 Paesi (Italia compresa) ed entro la fine dell’anno si supererà quota 100 nazioni.

Facile quindi immaginare che si parlerà almeno per altri tre mesi di code fuori dai negozi e di nuovi record in fatto di vendite e pre-ordini (per la cronaca Apple fa sapere che una parte di questi siano già stati evasi e molti terminali verranno consegnati in Ottobre).

Da registrare, in funzione di quello che leggerete più avanti, la nota a firma di Tim Cook, il Ceo della Mela: “la richiesta di iPhone 5 è stata incredibile e stiamo lavorando sodo per dare il prima possibile iPhone 5 a tutti i clienti che ne vogliono uno. Sebbene la fornitura iniziale sia andata in sold out, i negozi continuano a ricevere regolarmente consegne di iPhone 5 e i clienti possono continuare ad ordinare online e ricevere una stima sulla data di consegna. Apprezziamo la pazienza di tutti e stiamo lavorando duramente per costruire abbastanza iPhone 5 per tutti”.

Perché il solito “statement” studiato a tavolino è questa volta da registrare? Perché la notizia rimbalzata dalla Cina su alcuni social network, nel weekend dei primi record del nuovo melafonino, ci ha detto che 2mila lavoratori della fabbrica Foxconn di Taiyuan, nel Nord della Cina hanno incrociato le braccia per 24 ore dopo i violenti disordini che hanno coinvolto anche le forze di polizia.

Il bilancio della guerriglia in fabbrica è di 40 operai feriti negli scontri, e di decine di arrestati. Le ragioni scatenanti la maxi rissa notturna in uno dei dormitori non sono note ma circola voce che tutto sia nato da una colluttazione fra un addetto alla sicurezza e un operaio poco incline a fornire ore di lavoro straordinario. Quel che è certo è che Foxconn ha dovuto suo malgrado ammetterne l’esistenza chiudendo temporaneamente un impianto che occupa poco meno di 79mila addetti (la fabbrica è una delle più importanti tra le 20 che il colosso taiwanese possiede in Cina).

L’azienda che produce per Apple sia iPhone che iPad è già finita più volte nell’occhio del ciclone prima per una serie di misteriosi suicidi tra i suoi dipendenti e poi per i rapporti stilati da alcune associazioni sulle proibitive condizioni di lavoro cui è sottoposto il personale alle catene di montaggio. Il mancato riconoscimento di un aumento di salario promesso ma non corrisposto aveva dato luogo a uno sciopero in marzo; ora gli operai sono di nuovo usciti in strada per ragioni che hanno un denominatore comune.

 

Il tutto mentre gli analisti giocavano a fare la conta degli iPhone 5, Apple stilava una nuova richiesta di risarcimento a Samsung per la violazione di suoi brevetti (altri 707 milioni di dollari avanzati con una mozione depositata presso la corte distrettuale della California del Nord, in aggiunta al miliardo già stabilito dal giudice del processo di San Jose) e la comunità finanziaria ad interrogarsi sul valore prossimo venturo del titolo della Mela al Nasdaq.

Si stabilizzerà a 700 dollari (per una capitalizzazione di circa 660 miliardi di dollari), andrà a 800 dollari o scenderà a 440? Gli investitori sanno che per continuare ad arricchirsi il conto dei ricavi e dei profitti della compagnia deve registrare trimestre dopo trimestre considerevoli incrementi. I prodotti volano, il solco dell’innovazione tracciato da Steve Jobs sembra reggere ma c’è di mezzo la concorrenza e l’incantesimo potrebbe anche prossimamente finire. Nelle fabbriche della Foxconn, almeno per gli operai, non è mai iniziato.



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