11/07/2012 di Redazione

Apple non è green? San Francisco la abbandona

Dopo l’uscita dal programma di certificazione green Epeat, la compagnia della Mela incassa le prime reazioni negative. La città californiana smetterà di ordinare computer Mac per i suoi 50 uffici comunali. E anche per gli enti federali, obbligati nel 95%

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La Mela è ancora verde oppure no? Apple stupisce ancora una volta scegliendo di fare a modo suo, come in altri campi, anche per quanto riguarda la certificazione ambientale dei suoi device: l’azienda di Cupertino recentemente ha annunciato di voler uscire dal programma Epeat (Electronic Product Environmental Assessment Tool ) e dalla relativa certificazione, che vincola i produttori di hardware al rispetto di determinati parametri di efficienza energetica.

Dal sito di Apple


Apple ha chiesto a Epeat di rimuovere dal proprio registro 39 referenze, fra computer desktop, monitor e portatili, mentre i diversi modelli di iPhone e iPad già non rientravano nel programma di certificazione. La decisione ha subito scatenato un’ondata di congetture e speculazioni. E ha stupito, dal momento che Apple da sempre ha fatto della sostenibilità green un vanto, offrendo resoconti dettagliati dell’impatto ambientale – consumo di risorse, inquinamento, riciclabilità – dei suoi processi produttivi e della sua offerta hardware.

Sul suo sito istituzionale, Epeat ha commentato dicendosi dispiaciuta della decisione di Apple e speranzosa in un cambio di rotta futuro. Un’opinione poi meglio chiarita da Robert Frisbee, amministratore delegato di Epeat, in un’intervista al CIO Journal del Wall Street Journal: “Hanno dichiarato è che la direzione intrapresa in fatto di design non era più compatibile con i requisiti Epeat. Sono stati nostri grandi sostenitori, e siamo delusi dal fatto che non vogliano più adattare i loro prodotti al nostro standard”.

Un esempio di questa logica? Il nuovo Macbook Pro Retina da 15 pollici, il cui design ultracompatto rende quasi impossibile smontarne le componenti, in particolare la batteria, per poi destinarle a uno smaltimento differenziato. Al di là dei malumori, la domanda da porsi è se e quanto la scelta impatterà sulla diffusione dei prodotti Apple non tanto fra il pubblico consumer, ma in quei luoghi tipicamente soggetti al rispetto di green policy, come uffici pubblici e scuole.

Una prima reazione concreta arriva da San Francisco: alla capitale statunitense della cultura e dell’ecologismo la mossa di Apple non è piaciuta, tant’è che il responsabile del dipartimento ambientale comunale, Melanie Nutter, ha dichiarato: “Siamo delusi dell’abbandono di Epeat da parte di Apple e speriamo che il ‘no’ della nostra città possa indurli a cambiare idea”.

I 50 uffici pubblici della città sono stati formalmente invitati (anche se non obbligati) a non acquistare più prodotti marchiati dalla Mela, attraverso una lettera che cita una policy del 2007, secondo cui tutti i loro laptop, computer desktop e monitor devono essere certificati Epeat.  Un invito e non un obbligo, dunque, ma rafforzato dalle parole di Jon Walton, responsabile dell’approvvigionamento IT per il comune californiano, che si è detto favorevole al rispetto della policy. “Diventerà molto difficile poter acquistare prodotti Apple”, ha specificato.

Il Macbook Pro da 15 pollici: bello ma difficile da riciclare


Altri chief information officer impiegati nella pubblica amministrazione, negli uffici federali o nelle scuole statunitensi potrebbero seguire l’esempio. Il governo a stelle e strisce richiede un 95% minimo di beni elettronici certificati in dotazione ai propri dipendenti, mentre secondo Sarah O’Brien, direttore della responsabilità sociale di Epeat, grandi imprese come Ford o Hbsc seguono analoghe policy; i dipartimenti IT di 222 università americane su 300, inoltre, in una ricerca del 2010 risultavano propensi a non acquistare prodotti non approvati da Epeat.

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