08/05/2017 di Redazione

Aziende e applicazioni: il rischio di essere “offline” sale del 36%

Un nuovo studio di Veeam fotografa il problema della availability: nel 2016 le interruzioni di servizio non pianificate sono cresciute di oltre il 30%, causando perdite economiche notevoli. In media, 21,8 milioni di dollari ad azienda.

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Otto medie e grandi aziende su dieci sperimentano abitualmente un problema di insufficiente availability, cioè non riescono a soddisfare bene e sempre le richieste dell'utente (cliente finale o dipendente o collaboratore) di accedere a dati e applicazioni. E non mancano i casi di interruzione del serivizio o di vero e propro blackout. È questo un tema molto caro a Veeam, analizzato annualmente nel suo “Availability Report”, e che non smette di essere attuale a dispetto della crescita degli investimenti in reti, backup e disaster recovery.

Lo studio poggia sulle interviste online rivolte da Enterprise Strategy Group a 1.060 Cio e responsabili It di imprese private e pubbliche da almeno mille dipendenti di 24 Paesi, Italia inclusa. Nel corso del 2016 il problema dell'availability ha riguardato l'82% di queste realtà, che hanno ammesso di averci a che fare spesso. Con conseguenze di diverso tipo: dalla perdita immediata di denaro a un più generale rallentamento delle attività e, in particolare, di tutte quelle iniziative catalogabili come “digital transformation”.

I downtime non costano poco: il costo del singolo episodio è estremamente variabile, ma in media Veeam ha calcolato che quello annuale per singola azienda nel 2016 è stato di 21,8 milioni di dollari. Nel 2015 la cifra si fermava, invece, a 16 milioni di dollari. Il 66% delle aziende interpellate, inoltre, ha riferito che le proprie iniziative di trasformazione digitale (riguardano il 96% del campione) sono ostacolate dai downtime non pianificati, dovuti a errori o carenze infrastrutturali, a interruzioni di rete, a cyberattacchi e a disastri naturali. Considerando il campione, l'anno scorso la media di fermo del server è stata di 85 minuti per disservizio.

D'altra parte è alta, ma non troppo, la percentuale di Cio che considera la disponibilità di applicazioni e reti come un requisito, necessario a far funzionare queste iniziative: il 66%. Oltre al danno economico diretto e al rallentamento dell'innovazione, un'altra conseguenza dei disservizi tecnologici è la perdita di credibilità del marchio e/o di fidelizzazione dei clienti problema osservato dal 40% degli intervistati. Un responsabile It su tre, inoltre, ha constatato una diminuzione della fiducia dei dipendenti.

 

 

Nuvole stratificate e dati da proteggere
Come colmare le attuali carenze in fatto di availability? Per una buona parte degli intervistati, il 43%, parte del lavoro dovrebbe spettare ai fornitori di servizi cloud, in quanto costoro potrebbero proteggere e rendere disponibili i dati mission-critical meglio di quanto possa fare l'It interno alle aziende. Il report di Veeam, fra l'altro, evidenzia come per le aziende interpellate gli investimenti nel Software as-a-Service siano destinati ad aumentare del 50% nel corso di quest'anno, rispetto al 2016. La “nuvola” sarà in molti casi composta da più livelli di servizio attivati, dato che investimenti nel Backup as-a-Service (BaaS) e nel Disaster Recovery as-a-Service (DRaaS) aumenteranno di pari passo al SaaS e verranno combinati con la tecnologia cloud.

A proposito di backup e disaster recovery, un buon 77% di azienda ha denunciato un'ulteriore debolezza in questo campo: quasi otto aziende su dieci risultano incapaci di proteggere adeguatamente i propri dati o di recuperarli in tempi brevi. La “soglia di tolleranza” per gli episodi che comportano una perdita di dati è in media di 72 minuti all'anno, ma nella realtà le organizzazioni esaminate nel report sono arrivate a una media di 127 minuti. “Al giorno d’oggi, l’immediatezza è fondamentale e i clienti non tollerano interruzioni di servizio, che si tratti di applicazioni lavorative o riguardanti la vita privata”, ha commentato Peter McKay, presidente e Coo di Veeam Software “Qualsiasi accesso ai dati e alle applicazioni che non sia 24 ore su 24, sette giorni su sette e 365 giorni all’anno è inaccettabile. Nonostante ciò, il nostro report evidenzia come tale costante accessibilità sia ancora un sogno irrealizzabile per numerose imprese e ponga nuove domande in merito ai piani di trasformazione digitale in atto, oltre che l’esigenza di una nuovo approccio che consideri lo stato delle infrastrutture esistenti in azienda”.

 

 

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