22/07/2015 di Redazione

Big Data, big benefici: ma attenzione ai cinque scogli da superare

Una ricerca di Ca Technologies svela che il 55% delle grandi aziende a livello globale ha già implementato progetti di analytics, soprattutto per migliorare l’esperienza utente e per entrare in nuovi mercati. Ma il rischio è dietro l’angolo: per sfruttare

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Big Data, tutti li vogliono e tutti li cercano. Ma la strada verso un loro utilizzo efficace è lunga e piena di ostacoli. Sono almeno cinque, secondo la recente ricerca condotta da Vanson Bourne per Ca Technologies e intitolata “The State of Big Data Infrastructure”, gli scogli che le aziende al giorno d’oggi devono aggirare per implementare funzioni analitiche di buon livello e ottenere così vantaggi significativi dalla grande mole d’informazioni generata sulla Rete. Innanzitutto, però, è necessario descrivere lo scenario attuale: Ca Technologies ha intervistato a livello globale mille manager in campo It e ha scoperto che nel 55% dei casi le aziende hanno già lanciato progetti legati ai Big Data, mentre un ulteriore 29% prevede di farlo entro un anno. I principali driver che spingono le imprese a rivolgersi agli analytics sono un’esperienza utente migliore (60%), seguita dal desiderio di allargare la base clienti (54%) e dal bisogno di entrare in nuovi mercati (42%). E le aspettative sul “potere” dei Big Data sono davvero altissime.

Nove organizzazioni su dieci hanno già registrato o pensano di registrare in futuro una maggiore efficacia delle campagne di marketing; l’88% prevede anche un aumento del fatturato. Tra le imprese che hanno già osservato benefici, la maggior parte ha notato un incremento della qualità delle soluzioni offerte al mercato, con un conseguente miglioramento nel posizionamento. Inoltre, grazie ai Big Data, sono stati lanciati prodotti e servizi che altrimenti non avrebbero mai visto la luce.

E c’è da crederci se è vero, come sottolinea la stessa ricerca di Ca Technologies, che il volume di informazioni a disposizione delle aziende è cresciuto del 16% negli ultimi due anni, con un ulteriore 24% previsto per i prossimi 24 mesi. Ovviamente, più le organizzazioni possono disporre di dati, più dovranno ricorrere a soluzioni ben orchestrate di analisi degli stessi, pena la perdita in competitività. E il volume di byte che già oggi prende d’assalto le imprese è impressionante.

L’ottanta per cento degli intervistati che lavora in realtà con progetti di Big Data attivi, dichiara di avere implementato strumenti che gestiscono e analizzano più di due petabyte di dati. Tra questi, il 12% ha a che fare con oltre 4 PB. Ma non è tutto oro quel che luccica. Per riuscire ad “accogliere” i Big Data è necessario disporre di sistemi informatici adeguati. E proprio qui nascono i problemi, perché quattro dei cinque principali ostacoli per le imprese sono proprio legati all’It.

Tralasciando al momento la carenza di budget e di risorse economiche, che colpisce il 25% delle aziende coinvolte – il 28% in Italia – gli altri quattro scogli sono: un’infrastruttura inadeguata (32% a livello globale, 25% nel nostro Paese), la complessità organizzativa (27% e 21%), timori sui livelli di sicurezza o di compliance (26% e 13%) e, infine, una mancanza di visibilità su informazioni e processi (25% e 18%).

 

Fonte: Ca Technologies

 

Persone e cloud: le chiavi per vincere la sfida degli analytics

Gli investimenti vanno effettuati però anche sulle persone: il 57% dei manager coinvolti nella ricerca di Ca Technologies ritiene prioritaria la formazione degli operatori, a cui andrebbe fatta seguire una spesa consistente in infrastrutture (49%). Al terzo posto, ancora una volta, la forza lavoro: per il 47% degli intervistati è infatti imprescindibile andare in cerca di nuove risorse umane con le giuste competenze. Come a sottolineare il concetto che la macchina, senza l’uomo, è nulla.

Ma anche senza il cloud. Il 74% delle organizzazioni fa risiedere le proprie infrastrutture per i Big Data sulla nuvola, sia in versione “pura” (41%), che ibrida (33%). Ma i sistemi on-premise non vengono disdegnati, perché sono comunque parzialmente coinvolti in circa sei casi su dieci. Perché? Spesso le operazioni di analytics riguardano dati sensibili, come quelli finanziari e, quindi, conservarli on-premise conferisce un senso di sicurezza nettamente maggiore. Ma in futuro le imprese prenderanno un’altra strada, abbandonando le configurazioni proprietarie e favorendo così il cloud, in grado di rispondere meglio a requisiti come scalabilità e agilità.

 

Fonte: Ca Technologies, "The state of Big Data infrastructure"

 

Per migliorare l’efficacia dei processi e dei risultati ottenuti, i manager delle organizzazioni con progetti Big Data attivi pensano che in futuro dovranno essere implementate nuove funzionalità, legate alla gestione degli alert (55%), alla file contention (43%), all’utilizzo delle risorse (41%) e alle configurazioni errate (41%). Senza dimenticare la sicurezza delle informazioni conservate, citata nel 41% dei casi.

 

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