19/06/2012 di Redazione

Big Data: il Roi c'è, il rischio di restare sommersi anche

Secondo una ricerca di Avanade a livello internazionale, per il 73% delle aziende gli investimenti fatti per affrontare il boom delle informazioni vengono ripagati da crescita di fatturato e opportunità di business. In Italia, otto dirigenti e responsabil

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Sono, indiscutibilmente, una gatta da pelare, ma anche una grandissima risorsa: i Big Data rappresentano una sfida, un onere economico e gestionale per le aziende, ma si stanno dimostrando anche alleati di business sempre più preziosi. A dirlo è un’indagine di Avanade, The business impact of Big Data, realizzata a livello globale su 569 dirigenti aziendali e responsabili dell’area IT: per il 73% degli intervistati, gli investimenti fatti finora sono già stati ripagati.

Un'infografica della ricerca Avanade (dati: aprile 2012)


Il 57% delle aziende – contattate da Wakefield Research nel mese di aprile, in 17 Paesi del mondo – è riuscita a far fruttare gli investimenti facendo crescere i fatturato, mentre il 43% ha creato nuove opportunità di business.

E anche in termini di intelligence il contributo delle risorse di analisi dei dati è lampante: l’84% degli intervistati (l’80% in Italia) afferma che i Big Data risultano molto utili nei processi decisionali.

I vantaggi legati a una buona gestione della grande (e crescente) mole di informazioni digitalizzate sono anche altri: buona gestione significa anche accessibilità, e dunque conoscenza condivisa fra i dipendenti.

La maggior parte degli intervistati (il 57% a livello globale e il 60% in Italia) ha dichiarato che solo negli ultimi 12 mesi le tecnologie di gestione a analisi dati disponibili in azienda sono aumentate. E quasi tutte le realtà lavorative, il 91%, hanno già implementato un qualche strumento di questo tipo.

Un affare tutt’altro che privato
“Grazie al loro valore tangibile – ha dichiarato Tyson Hartman, global CTO e vice president di Avanade – i  Big Data hanno acquisito un’importanza sempre maggiore, assicurandosi un posto nell’agenda dei dirigenti di azienda. Attualmente le tecnologie utilizzate per sfruttargli per scopi aziendali hanno raggiunto un punto cruciale: sono sempre più numerose le aziende e i dipendenti in grado di ottenere vantaggi economici e competitivi dai propri dati”.

È interessante notare come la questione dei Big Data non sia considerata un affare privato di competenza dei soli tecnici. Il 95% dei dirigenti e responsabili IT intervistati, e addirittura la totalità di quelli italiani, ha dichiarato che la propria azienda non considera il il team preposto all’analisi dei dati come parte integrante del proprio staff IT.

Di fatto, più business unit sono coinvolte nell’attività di analisi dei dati. La maggior parte degli intervistati, il 58% a livello globale e il 50% in Italia, afferma che la gestione delle informazioni è parte integrante del business aziendale.

Non a caso, a produrre (oltre che a ricevere) i dati in questione sono fonti e settori aziendali diversi, così come molteplici sono i “canali di ingresso” dell’informazione, come mostrano i grafici qui sotto.


Non restare sommersi: una sfida impegnativa, ma inevitabile
Non è certamente tutto rose e fiori nel rapporto fra aziende e informazioni digitalizzate. Le sfide ancora da affrontare sono impegnative e ineluttabili, pena il rischio di rimanere letteralmente sommersi dai dati. Oltre la metà degli intervistati di Avanade, il 56%, hanno dichiarato di sentirsi “sopraffatti” dalla quantità di informazioni che ogni giorno devono essere gestite e processate, con la frequente conseguenza di ritardi nei processi decisionali.

Ed è significativo il 62% dei lavoratori C-level che dichiarano di essere spesso interrotti, nelle loro attività lavorative, dalla ricezione di dati sostanzialmente irrilevanti. Un executive su tre, inoltre, di norma ha difficoltà nel contattare al momento giusto la persona che detiene la conoscenza o i documenti necessari in quel frangente.

Nello Stivale, in particolare, il 93% degli intervistati (contro una media globale dell’85%) riporta ancora difficoltà nella gestione e nell’analisi delle informazioni, mentre il 77% (contro il 63% globale) percepisce che la propria società ha bisogno di sviluppare nuove competenze per ottimizzare l’utilizzo dei dati.

Impossibile non citare due tendenze che, parallelamente al boom dei Big Data, stanno modificando il lavoro in azienda: il cloud computing e la consumerizzazione. Per l’83% degli interpellati italiani la mobilità dei dipendenti e il cloud stanno spingendo le organizzazione a rivedere la propria strategia di gestione delle informazioni; il 57% dichiara che anche i social network svolgono un ruolo determinante in tal senso.


“Le sfide legate alla gestione dei Big Data sono evidenti – ha sottolineato Fabio Chiodini, collaboration and Business Intelligence director di Avanade – ma ancor di più lo sono le opportunità. I responsabili aziendali stanno davvero cambiando il loro approccio strategico nei confronti della gestione dei dati. Infatti, in Italia circa l’80% delle aziende sta formando il proprio personale offrendo loro strumenti e competenze necessarie per prendere decisioni in modo sempre più accurato ed efficace”.


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