10/04/2014 di Redazione

Boom dei dati: decuplicati da qui al 2020 per Idc

Internet delle Cose, cloud e contenuti generati degli utenti: nel giro di sette anni, l’Universo digitale si espanderà dai 4,4 trilioni di gygabite del 2013 ai 44 trilioni del 2020. Fra le sfide da vincere, quelle della sicurezza e dello storage.

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L’Universo digitale esploderà, moltiplicando per dieci le sue attuali dimensioni da qui al 2020. Non parliamo di teorie astrofisiche, ma del ben noto “boom” dei dati citato da vendor e ricercatori in relazione a fenomeni diversi, dalla moltiplicazione dei contenuti generati dagli utenti (specie tramite dispositivi mobili) all’Internet of Things, dalla crescita del canale video su Internet all’archiviazione via cloud. La stima della moltiplicazione per dieci è frutto di Emc Corporation e dell’ultima edizione dell’annuale studio Emc Digital Universe, sponsorizzato dal vendor e condotto da Idc: i dati digitali passeranno dai 4,4 trilioni di gigabyte esistenti nel 2013 ai 44 trilioni di gigabyte stimati per il 2020.

Lo studio, annuale, è condotto da Idc e sponsorizzato da Emc Corporation


Diverse componenti contribuiranno al boom, e fra esse quella più in crescita è l’Internet delle Cose. Secondo i calcoli di Idc, gli oggetti equipaggiati di sensori passeranno dagli attuali 200 miliardi di device, dei quali solo 14 miliardi già connessi in Rete, ai 32 miliardi attesi nel 2020. Anno in cui l’Internet of Things sarà arrivata a rappresentare un decimo dell’Universo digitale complessivo. Raddoppierà, inoltre, dall’attuale 20% al 40% del totale la porzione di contenuti che in qualche modo entrano in contatto (perché condivisi, archiviati o sincronizzati) con il cloud.

La portata del fenomeno non è puramente numerica: i dati generati dai dispositivi connessi sono, potenzialmente, “dati utili” cioè analizzabili. Lo scorso anno circa il 22% delle informazioni circolanti nell’Universo digitale era considerato utile, ma la quantità effettivamente analizzata ha raggiunto appena il 5%. Nel fatidico 2020 le cose cambieranno: più di un terzo della “materia prima”, il 35% dei dati, potrà essere oggetto di analisi e trasformarsi in intelligence. E questo modificherà radicalmente il modo di interagire con i clienti con attività di profilazione, marketing, vendita e supporto, rappresentando allo stesso tempo una grande sfida e un’opportunità di trilioni di dollari di guadagni aggiuntivi.

Riusciremo a conservare 44 trilioni di gigabyte? Il problema, sottolineato da Emc, è che i dati crescono a un ritmo più veloce rispetto alla capacità di storage disponibile su scala globale. Lo scorso anno, considerando tutte le tipologie di supporti, lo storage mondiale è stato in grado di contenere solo il 33% dell’Universo digitale, ma entro il 2020 la percentuale scenderà al 15%. È anche vero, sottolinea il report, che la maggior parte dei dati prodotti è di tipo transitorio (lo streaming, le interazioni dei videogiochi multiplayer, la Tv digitale) e non richiede di essere conservata. Altro elemento critico è la sicurezza: oggi, a detta di Idc, soltanto un quinto dei dati è realmente protetto.

Fanno riflettere, infine, altre due considerazioni. La prima è l’atteso capovolgimento dei rapporti di forza fra mercati tecnologicamente maturi (come Europa Occidentale, Giappone e Stati Uniti) ed emergenti (Brasile, Cina, India, Messico e Russia): i primi attualmente producono il 60% dei dati, ma entro il 2020 scenderanno al 40%. La seconda considerazione riguarda, invece, i rapporti fra mondo consumer e mondo aziendale: oggi due terzi dei bit sono creati o catturati dai consumatori e dai lavoratori, ma l’85% dell’Universo digitale ricade in qualche modo sotto la responsabilità delle aziende.

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