20/04/2015 di Redazione

Buon compleanno, Mr. Moore: la legge sui chip festeggia i 50 anni

Il 19 aprile l’enunciato sull’avanzamento delle prestazioni dei microprocessori elaborato da Gordon Moore, fondatore di Intel, ha raggiunto il mezzo secolo di vita. Una “regola” rispettata per decenni, ma che sembra oggi vacillare: i wafer di silicio avre

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Cinquant’anni e non sentirli. Ieri la legge di Moore ha spento le sue prime cinquanta candeline e questo obbliga a un salto indietro nel tempo. Nel 1965 Gordon Moore, futuro fondatore di Intel, lavora presso la Fairchild Semiconductor, altra sua “creatura”. È proprio il 19 aprile di quell’anno che il geniale innovatore di San Francisco, classe 1929, elabora la sua teoria passata poi alla storia come legge di Moore: la complessità e le prestazioni dei processori, e il numero di transistor collegato, raddoppiano ogni 12 mesi. L’enunciato è stato poi “tarato” nel corso degli anni e, alla fine dei Settanta, si alzò l’asticella sui 24 mesi. Ma, almeno fino al 1975, la previsione di Moore venne rispettata anno dopo anno. Sul finire degli Ottanta, fu necessario un ulteriore aggiustamento, che cristallizzò i limiti temporali entro i 18 mesi.

In effetti, la legge è diventata poi con il tempo il parametro a cui tutte le aziende informatiche si sono affidate per stabilire il loro grado di innovazione. Almeno fino a oggi. Alcuni osservatori e ingegneri sono infatti decisamente scettici sulla possibilità di continuare a rispettare questa “regola” per il futuro. L’introduzione dell’architettura Broadwell di Intel, ad esempio, con il suo processo produttivo a 14 nanometri, sembra aver dato un ulteriore colpo all’affidabilità dell’enunciato di Moore. Rispetto a uno dei capostipiti della categoria, l’ormai mitologico 4004 introdotto nel 1971 grazie anche a scienziati italiani, i chip a 14 nanometri offrono infatti prestazioni 3.500 volte superiori, con un’efficienza novantamila volte maggiore.

L’industria dei processori starebbe quindi raggiungendo i suoi limiti fisici, dai quali difficilmente si potrà evadere. E non solo: saranno necessari investimenti sempre maggiori per proporre al mercato chip più performanti. Ma, ancora una volta, Moore sembra avere visto giusto: la sua seconda legge dichiara che l’investimento per realizzare una nuova tecnologia di microprocessori cresce in maniera esponenziale con il passare del tempo.  

Secondo alcuni calcoli, riportati anche dall’Economist, i nuovi impianti produttivi in grado di ridurre ancora le dimensioni dei chip potrebbero costare addirittura sei miliardi di dollari. Ma Intel sarebbe pronta a spendere, per arrivare a un processo a cinque nanometri, pressappoco lo spessore della membrana cellulare umana. E poi? Con l’avvento del cloud, le prestazioni dei computer per uso privato non sembrano più così rilevanti e l’attenzione si sta lentamente spostando verso le performance dei data center.

 

La crescita del numero di transistor dei microprocessori dal 1971, anno di introduzione del 4004, al 2011

 

Insomma, sembra che di questa legge – enunciata comunque senza basi scientifiche, ma a seguito di un’osservazione empirica – sentiremo ancora parlare, sia che continui a sopravvivere all’impetuosa innovazione tecnologica, sia che venga prima o poi riposta definitivamente negli archivi storici. In ogni caso, buon compleanno Mister Moore.

 

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