21/05/2012 di Redazione

Cina: sì a Google e Motorola se Android resta open

L'autorità Antitrust di Pechino ha approvato l'acquisizione da 12,5 miliardi di dolalri del colosso di Mountain View, ma a una condizione: il sistema operativo, che secondo stime recenti detiene il 69%, del mercato mobile cinese, deve essere offerto in li

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L'acquisizione di Motorola Mobility da parte di Google ha incassato anche l'ok della Cina, quindi l'affare è del tutto chiuso, a quasi un anno dall'annuncio dell'accordo. Le autorità di regolamentazione cinesi hanno però posto una condizione vincolante a Google: Android deve rimanere open source almeno per cinque anni.

La Cina ha approvato l'acquisizione di Motorola. Ma Android deve rimanere open source per cinque anni

L'informazione è riferita da varie fonti fra cui anche Cnet, secondo cui oltre la grande muraglia si pretende la certezza che il sistema operativo di Google non diventerà un'esclusiva dei terminali Motorola. La preoccupazione è comprensibile, considerato che secondo stime recenti Android detiene il 69 per cento di quote di mercato in Cina. Se Google continuerà a cedere in licenza gratuita il sistema a tutti i concorrenti Motorola come ha fatto fino ad oggi non ci sarà alcuna contestazione alla sua proprietà.

Di dubbi a riguardo ce n'erano pochi: quando annunciò l'acquisizione lo scorso ferragosto Larry Page precisò fin da subito che "ci auguriamo che i partner hardware che hanno contribuito al successo di Android continuino a lavorare con noi [...] Abbiamo costruito Android come piattaforma open-source e rimarrà così." Nonostate le dichiarazioni d'intento, tuttavia, più di una casa produttrice aveva dato segnali di nervosismo, riassunti dall'analista di Gartner Michael Gartenberg che dichiarò a Cnet: "Non c'è dubbio che Motorola sia favorita. Se io fossi un produttore di terze parti, avrei qualche preoccupazione concreta."

È innegabile che Google possa avere pensato di integrare in esclusiva i propri software e servizi con l'hardware Motorola, cercando di imitare il modello di Apple con gli iPhone, ma in quasi un anno non l'ha fatto e il motivo è semplice: Android domina il mercato sommando le quote di tutti i produttori Android messi insieme. Samsung fra l'altro è il produttore che vende di più, allo stato attuale delle cose se Google dovesse affidarsi solo a Motorola sarebbe al livello di Windows Phone.

La frammentazione di Android è senza dubbio una preoccupazione a cui un eventuale accordo in esclusiva con Motorola potrebbe mettere fine, ma è più logico pensare che Page e soci troveranno altri modi più intelligenti per risolvere i problemi piuttosto che dare il benservito a una gallina dalle uova d'oro come Samsung. Le preoccupazioni cinesi sembrano quindi esagerate, ma a Pechino, evidentemente, non vogliono correre rischi.

Quanto ai produttori concorrenti, i più grandi si sono già mossi per differenziarsi: HTC, LG, Sony e Samsung hanno creato piattaforme di servizi proprietari, personalizzazioni anche forti dell'interfaccia e una discreta varietà di funzionalità. Tutto questo non risolve il problema della frammentazione, ma assicura lunga vita ai telefoni Android prodotti da tutti i concorrenti di Motorola. In ogni caso il problema non si porrà almeno per cinque anni, poi chissà.

La UE a BigG: vogliamo vedere le proposte per eliminare il rischio di posizione dominante
A proposito di autirità Antitrust e relativi provvedimenti, l'accusa che pende sul capo di Google in Europa da tempo, e precisamente dal novembre 2010, quando la Commissione europea aprì l’indagine formale per verificare le eventuali manovre scorrette del gigante di Mountain View, è la seguente: abuso di posizione dominante.

Un sorta di nuovo avvertimento in materia è arrivato nel quartier generale di BigG dal Commissario alla concorrenza, nonchè Vice-Presidente della Commissione europea, Joaquin Almunia, che in una missiva spedita ad Eric Schmidt, l’ex Ceo e ora Presidente della società californiana, ha chiesto in modo esplicito alla compagnia di "presentare proposte di soluzioni per evitare le nostre preoccupazioni entro le prossime settimane".

In caso contrario è scontato l'avvio di una fase più approfondita delle indagini, accompagnata da sanzioni finora rimaste solo un’ipotesi. Bruxelles, del resto aveva chiaramente fatto sapere che l’avvio dell’inchiesta non implicava “il possesso di prove su un’esistenza di un’infrazione” ricevendo in risposta da Google massima disponibilità alla cooperazione.


Il Commissario alla concorrenza UE Joaquin Almunia

Quattro, come ha ricordato ancora Almunia, sono comunque i punti del contenzioso nato in seguito alle denunce inviate a suo tempo all’organismo comunitario da alcuni fornitori di servizi online a loro dire penalizzati dalle attività online di BigG: i link dei risultati estratti dal motore di ricerca favorevoli ai propri servizi a scapito di quelli offerti dai concorrenti (posizionati nella parti inferiori della pagina con i risultati delle query), il modo in cui si copiano i contenuti di altri motori senza autorizzazione, la pubblicità e la portabilità della ricerca.

Ha collaborato Gianni Rusconi

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