04/11/2016 di Redazione

Cisco pensa a storage e protezione dei dati nel cloud ibrido

I nuovi server Ucs (Unified Computing System) S-Series, ottimizzati per lo storage, soddisfano i carichi di lavoro a utilizzo intensivo dei dati e le implementazioni software-defined. Presentate anche la nuova One Enterprise Cloud Suite e il sistema di pr

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Calcolo, analisi, archiviazione, protezione: Cisco si prende cura dei dati da più punti di vista, assicurando alle aziende di poter svolgere attività di diverso tipo e allo stesso tempo di non temere per la sicurezza dei loro dispositivi fisici e delle risorse cloud. Diversi annunci sono giunti da San Francisco, dove è in corso l’annuale convegno dedicati ai partner dell’azienda californiana: nuovi server Usc S-Series ottimizzati per lo storage, un aggiornamento della One Enterprise Cloud Suite e il sistema di protezione dai malware Amp for Endpoints.

I server Ucs S-Series fanno parte di quell’offerta che Cisco chiama Unified Computing System: machine progettate per sostenere workload con utilizzo intensivo dei dati, come per esempio i Big Data, e per l’implementazione di soluzioni di software-defined storage, di object storage e di protezione dei dati. Questa nuova serie pensa in modo specifico alla gestione dei dati non strutturati, quali sono quelli generate dagli oggetti Internet of Things, dai video, dalle interazioni dei social network, dall’analisi del sentiment sul Web e dai dispositivi mobili. I nuovi Ucs si adattano bene, per esempio, ad applicazioni di video analytics, alla diagnostica per immagini, al machine learning, garantendo sufficiente capacità di calcolo e di memorizzazione. E rappresentando – come sottolinea Cisco – un’alternativa all’utilizzo di risorse su cloud pubblico, risorse che al crescere dei requisiti di spazio e di computing possono diventare troppo costose.

Secondo Idc”, ha commentato l’analista Matt Eastwood, specializzato in infrastrutture enterprise e data center, “è in atto un incredibile cambiamento nel modo in cui le nuove tecnologie vengono applicate per risolvere i problemi di business e per favorire la crescita strategica nell’era della Terza Piattaforma. Le organizzazioni si stanno trasformando in realtà digitali ed è per questo che hanno assolutamente bisogno di integrare maggiormente le proprie risorse computazionali e dati”. La conseguenza, a detta di Idc, è che sempre più le risorse di archiviazione “core” vengono spostate sui server ingegnerizzati per poter gestire al meglio i carichi di lavoro legati allo storage.

A detta di Cisco, grazie alla sua architettura modulare e alla possibilità di dimensionarlo su carichi di lavoro specifici, il modello S3260 permette di risparmiare e non poco: si può spendere la metà di quanto non si farebbe utilizzando le stesse risorse su cloud pubblico. E i vantaggi sono notevoli anche rispetto all’impiego di server tradizionali: costi Capex tagliati di un terzo, cablaggi ridotti de 70%, meno della metà dello spazio fisico occupato e quasi il 60% in meno di consumi energetici. Questo modello può essere equipaggiato con un massimo di 600 terabyte di spazio per ciascun Ucs, poteendo poi scalare fino ai petabyte grazie a Ucs Manager, accelerazione cache e connettività I/O unificata per qualsiasi tipo di storage dei dati.

È stata poi annunciata la nuova generazione di One Enterprise Cloud Suite, una soluzione software che permette di creare ambienti di cloud ibrido, gestibili tramite portale self-service e personalizzabili sia dai fornitori di servizi, sia dagli sviluppatori, dalle aziende clienti finali. Con la suite si possono implementare oltre venti data center e ambienti di nuvola pubblici e privati. Per questa soluzione Cisco propone nuove licenze di abbonamento annuali (da uno, tre o cinque anni) su quattro diversi tipi di offerta attivabili singolarmente o in combinazione: per l’automazione dell’infrastruttura, per la gestione del servizio, per la gestione cloud e per l’automazione Big Data (installazione, provisioning e implementazione di cluster Hadoop e Splunk). Questa novità rientra all’interno di una architettura data center che è applicabile ad ambienti ibridi, cioè on premise e cloud, e che Cisco chiama Asap: l’acronimo sta per “Analizzare, Semplificare, Automatizzare e Proteggere” i dati. Tale architettura, infatti, reassume e integra le attività di analitica, networking, elaborazione e sicurezza basata su policy.

A completare l’elenco dei principali annunci c’è quello che Cisco ha definite come un “nuovo approccio alla sicurezza degli endpoint”. Anche in questo caso c’è di mezzo un acronimo, Amp, che sta per “Advanced Malware Protection”. Scott Harrell, vice presidente product management della divisione security, l’ha definite come una “pietra miliare” e come un’opportunità per le aziende di semplificare la sicurezza dei sistemi desktop, dei server e dei dispositivi mobili. La soluzione, utilizzabile e gestibile attraverso il cloud (come Software-as-a-Service), combina i tre elementi cardine di una strategia di sicurezza, ovvero la prevenzione, il rilevamento e la risposta.

 

 

Tra i suoi vantaggi specifici, sottolineati da Cisco, c’è quello di abbattere i tempi di rilevamento delle minacce, tempi che solitamente arrivano a cento giorni se si fa una media di quanto accade nelle aziende su scala globale. Amp for Endpoints, invece, riduce le tempistiche potendo avere accesso ai dati di threat intelligence di Talos e potendo, poi, contare su una tecnologia di sandboxing integrata nella soluzione (utile per analizzare e mettere in quarantena i file sconosciuti). Un altro tipo di intelligence, questa volta interna, si ricava mettendo in correlazione in tempo reale tutti gli eventi che accadono sulla rete, con l’effetto di poter individuare in pochi minuti eventuali attività sospette. La soluzione tiene anche traccia degli incidenti e dei tentativi di infezione, conservando le informazioni sull’orgine, le modalità e i target di attacco.

 

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