04/11/2016 di Redazione

Cloud: completezza e integrazione, le carte vincenti di Oracle

L’azienda continua a sfidare Amazon sottolineando la completezza della propria offerta, inclusiva di IaaS, PaaS e SaaS, come ci racconta Emanuele Ratti. La presenza di infrastruttura Oracle on premise in molte aziende è un ulteriore trampolino di lancio.

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“Le nostre iniziative hanno il chiaro obiettivo di sfidare i big player del settore, in primis Amazon”. Parole nette, quelle pronunciate da Larry Ellison, che non lasciano dubbi sulle intenzioni di crescita nel mercato del cloud professate da Oracle ormai da qualche tempo. L’azienda californiana negli ultimi anni ha lavorato per rendere disponibile un ecosistema di prodotti “as-a-Service”, a livello di infrastruttura, di piattaforma e di software, e oggi può dire di essere entrata in una seconda fase. Il 2016, infatti, può essere considerato un anno di svolta per il cloud computing, come emerge anche dagli andamenti dei grandi nomi del software applicativo, i quali hanno visto ridurre le proprie quote di fatturato riferibile al tradizionale modello di licenza e aumentare il peso della componente “as-a-Service”.

Se la prima fase del cloud è stata caratterizzata da investimenti che indirizzavano il layer infrastrutturale, in quella attuale ci si avvia verso un percorso di maturità, che si evidenzia in investimenti a livello di piattaforma e di applicativi. “Vi sono oggi tutte le premesse tecnologiche per soddisfare le esigenze di trasformazione delle aziende”, ha sottolineato Emanuele Ratti, country leader cloud infrastructure di Oracle Italia. “SaaS e PaaS girano su nostra infrastruttura espressamente ingegnerizzata per supportare workload di tipo enterprise”.

Alla pari di tutti coloro che vogliono competere nell’ambito della “nuvola”, Oracle rende disponibili data center nelle più importanti aree geografiche del mondo. “Siamo ormai a uno stadio di maturità tecnologica”, ha aggiunto Ratti, “in cui è possibile individuare e selezionare gli asset e le business application che ha senso portare in cloud, offrendo capacità di integrazione con risorse on premise”. In questa transizione va anche considerata la possibilità di migrare sulla nuvola applicazioni “core”, come per esempio l’Erp.

 

Emanuele Ratti

 

Ibrido è meglio
Per Oracle, l’infrastruttura dev’essere funzionale al deployment e alla messa in esercizio di servizi e applicazioni enterprise, e dunque deve vantare date caratteristiche di affidabilità e performance. A questo proposito, il vendor sottolinea per la propria infrastruttura un rapporto prezzo/prestazioni ancora più competitivo rispetto ad Amazon e un’architettura più avanzata, anche perché creata in tempi più recenti. Ma il cloud non è tutto: sistemi e software on premise non spariranno nel giro di pochi anni, e questo significa che chi saprà rispondere alle esigenze su entrambi i fronti avrà più opportunità di vedere crescere il proprio business. “Queste organizzazioni si dovranno sempre più confrontare con un mondo eterogeneo, fatto di on premise, cloud pubblico e privato”, ha detto Ratti. Ecco perché Oracle non si focalizza soltanto sull’infrastruttura, mercato in cui finora ha prosperato Amazon, ma trova i suoi punti di forza anche a livello di piattaforma e di applicativi.

Ovviamente la logica che muove le ambizioni di Oracle nel cloud è stata definita in base al valore che l’azienda crede di poter trasferire in nuova infrastruttura. Esiste un installato immenso a livello mondiale, che fa riferimento alla tecnologia core del gruppo di Larry Ellison: dati e applicazioni aziendali che devono essere preservati on premise e off premise, creando le possibilità di realizzare nel tempo un percorso di migrazione selettiva al cloud e di estensione degli ambienti It esistenti. Affinché tutto questo possa essere pienamente attuato, Oracle ha nel tempo diversificato le proprie tecnologie, arricchendolo con risorse di sviluppo derivate dal mondo open source come Sql, Hadoop, NoSql, Ruby e Docker.

 

 

Un’opportunità di integrazione
“A differenza del passato, le aziende possono guardare al cloud per implementare singole esigenze applicative, flessibilità che permette di essere ‘up and running’ in tempi infinitamente più rapidi di quelli associati al codice monster delle mega suite del passato”, ha sottolineato il dirigente italiano. Il cloud di Oracle, dunque, può diventare utile per tutte quelle realtà che giù utilizzino on premise i suoi sistemi, per eseguire applicazioni finanziare, gestionali, Crm, di analytics e via dicendo.

Certo, le grandi aziende sono disseminate di elementi di derivazione tecnologica diversa, e sono mosche bianche quelle che hanno in esercizio piattaforme di un unico fornitore. Si pensi, per esempio, a tutte quelle organizzazioni  che hanno un installato Sap-Oracle. In questo caso il percorso evolutivo da scegliere non è certo di facile soluzione, considerato che Sap è diventato nel corso degli anni un diretto concorrente nella dimensione del database. Sap Hana è un’opzione che complica la vita ad Oracle, la quale – ben consapevole delle problematiche in gioco – ha predisposto tutte le misure necessarie a dare continuità agli investimenti pregressi anche in ambienti applicativi ibridi Sap-Oracle.

Operiamo a tutti e tre i livelli, SaaS, IaaS e PaaS”, ha rimarcato Ratti, “e abbiamo un ampio portafoglio d’offerta in termini di servizi e prodotti: a livello applicativo, di middleware e di infrastruttura. In ambito SaaS disponiamo di un’ampia offerta, che spazia dal sales & marketing alle risorse umane, dalla suppy chain all’enterprise performance management, fino ad arrivare a soluzioni per singoli mercati verticali”.
Nell’opinione di Ratti il cloud deve essere visto come un articolato sistema di sourcing dell’It declinabile attraverso più modelli. Non esiste una separazione netta tra off e on premise. I clienti stanno investendo su entrambi i fronti, poiché ciascuno di essi rappresenta un’opzione funzionale al raggiungimento di determinati obiettivi.

 

 

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