03/11/2016 di Redazione

Cloud ibrido: piace al 73% delle aziende, ma la maturità è lontana

Secondo Idc, nel mondo quasi tre organizzazioni su quattro impiegano una qualche forma di hybrid cloud. Affinché si possa parlare di adozione matura, tuttavia, devono realizzarsi alcune circostanze oggi ancora poco diffuse.

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Il cloud ibrido ha già conquistato quasi I tre quarti, il 73%, delle aziende del mondo, le quali hanno già adottato una “strategia” per questo tipo di architettura e per l’erogazione di servizi It. Lo riferisce uno studio di Idc (“Idc CloudView 2016”) di fine settembre, non pubblico ma di cui la società di ricerca ha ora diffuso alcuni dati, anche per aprire la strada a un evento in tre tappe che gli analisti italiani terranno a Bologna (10 novembre), Padova (29 novembre) e Milano (18 gennaio prossimo).

Il dato del 73% potrebbe trarre in inganno, e va dunque spiegato: da un lato, nota Idc, il cloud ibrido ha già raggiunto un buon livello di penetrazione, ma dall’altro il suo utilizzo non è ancora pienamente maturo, anzi. Le aziende sembrano attribuire all’hybrid cloud significati diversi e in un certo senso ancora ristretti, senza sfruttare completamente i vantaggi di questo approccio.

Per un quinto delle organizzazioni, infatti, cloud ibrido significa impiego congiunto di risorse di nuvola pubbliche e private sul medesimo workload, mentre per il 18% questo utilizzo congiunto non è necessariamente limitato al medesimo carico di lavoro. Per il 16%, invece, significa semplicemente poter passare con facilità da un service provider all’altro e per il 22% poter usare diversi tipi di risorse cloud (per esempio, computazionali e di archiviazioni) del medesimo o di più fornitori. Il restante 6% di intervistati ha indicato altri impieghi o non ha risposto.

 

 

Le discrepanze di significati e di tipologie di utilizzo, insomma, sono notevoli. E per poter parlare di vera maturità nell’adozione del cloud ibrido è necessario si verifichino alcune condizioni. Idc ne elenca sei: la sottoscrizione a più servizi cloud esterni; l’uso congiunto di servizi cloud pubblici; un’architettura It in grado di mettere insieme la configurazione, l’approvvigionamento e la gestione delle risorse cloud; il supporto di workload altamente portabili e del bursting automatico (il passaggio dell’esecuzione di un picco da un private cloud o un data center interno a un public cloud); il ricordso a due o più workload in configurazione automatica; la gestione di tutte le risorse It con un unico service catalog e con medesimi Sla (service level agreement).

 

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