13/02/2016 di Redazione

Comunicare meno e meglio: ecco come non perdere clienti

Uno studio commissionato da Ricoh Europe a Coleman Parkes Research misura le reazioni di 2.900 consumatori di 21 Paesi di fronte all’eccesso di messaggi che con cui le aziende li travolgono su più canali. Per sei persone su dieci, lo spam è peggio del tem

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Bombardare di messaggi i clienti o i potenziali clienti è spesso controproducente. La dimostrazione del principio del “less is more” applicata alle comunicazioni di marketing (e ad altri tipi di messaggio che legano un’azienda alla sua base di utenti) arriva da uno studio di Coleman Parkes Research, sponsorizzato da Ricoh Europe e titolato “Communication Crackdown": la valanga di informazioni e dati sta travolgendo i destinatari, e questi sono sempre più vicini alla saturazione. L’84% del campione, composto da quasi 2.900 intervistati (in Italia e altri venti Paesi del mondo), si è detto pronto a prendere provvedimenti se le aziende non cambieranno il loro modo di comunicare.

Circa due terzi degli intervistati (65%) affermano di sentirsi meno legati a una azienda che li bombarda di informazioni irrilevanti, e già questa è un’indicazione da cui trarre insegnamento. Le conseguenze di una comunicazione sbagliata appaiono ancor più gravi se si guardano altri due dati emersi dall’indagine: di fronte a un’eccessiva valanga di lettere, email, Sms e altri tipi di messaggio, il 63% è predisposto a spendere meno, mentre il 57% considera addirittura di rompere del tutto i rapporti con quell’azienda o brand.

 

 

Il notoriamente fastidioso spam è considerato da sei intervistati su dieci come una perdita di tempo peggiore dei quotidiani spostamenti fra casa e lavoro. Dal fastidio si passa a problemi più gravi quando l’eccesso di comunicazioni nasconde all’attenzione quelle poche importanti, come gli avvisi di scadenze di pagamenti. Persi come un ago in un pagliaio, questi messaggi sfuggiti alla lettura per un utente su quattro hanno comportato un mancato pagamento entro i termini, mentre il 34% non è riuscito a determinare esattamente il costo di un servizio e il 39% non si è avvalso di offerte a cui aveva diritto.

“I consumatori”, ha commentato il Ceo di Ricoh Europe, David Mills, “stanno dimostrando una chiara insoddisfazione nei confronti della quantità e dell’irrilevanza delle comunicazioni inviate da aziende e fornitori di servizi. Oggi, nell’era digitale, è molto semplice comunicare in modo immediato con i clienti, ma i brand devono fare molta attenzione a non compromettere l’efficacia dei canali di comunicazione”. Ma c’è un’altra faccia della medaglia: se tutto ciò che è indifferenziato, debordante e invasivo allontana il cliente, le comunicazioni mirate e personalizzate al contrario piacciono. L’80% del campione, infatti, è addirittura disposto a fornire alle aziende informazioni personali pur di ricevere comunicazioni mirate e rilevanti.

 

 

Attualmente, i settori che soddisfano maggiormente questa esigenza sono il settore pubblico (citato dal 42% del campione), i servizi finanziari (39%), i fornitori di servizi pubblici (37%) e la sanità (36%). Con la sola eccezione dei fornitori di servizi pubblici, questi settori sono considerati anche i più affidabili nella gestione dei dati dei clienti, mentre nessuno di loro ottiene una valutazione positiva da più della metà degli intervistati. C’è dunque ancora un po’ di strada da fare per conquistare la piena fiducia dei consumatori. “Per raggiungere questo obiettivo”, aggiunge Mills, “le aziende devono migliorare il modo in cui raccolgono, analizzano e gestiscono i dati, in modo da utilizzarli in modo coerente in tutti i canali di comunicazione”.

 

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