25/10/2016 di Redazione

Container come servizio e “feeling” con il DevOps per Vmware

Con l’aggiornamento della propria piattaforma IaaS, Photon, l’azienda ha fatto un passo avanti verso le tecnologie di containerizzazione native, offrendo un nuovo componente agli sviluppatori. Ma i container sono ormai integrati anche in vSan e vSphere 6.

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Tra le varie novità dell’ultima edizione del Vmworld 2016 Europe di Barcellona, su tutte l’accordo con Amazon Web Services per il cloud, l’annuncio forse passato più in sordina è stato quello relativo all’aggiornamento della piattaforma Photon: un’offerta di Infrastructure-as-a-Service per il DevOps, che tramite la nuvola vuole mettere a disposizione degli sviluppatori tecnologie all’avanguardia per la creazione di applicazioni realmente cloud native. La principale novità della nuova versione di Photon (oltre all’introduzione dei servizi di rete e di storage tramite Nsx e vSan) è il supporto incorporato a Kubernetes. Il sistema di gestione e orchestrazione dei container è infatti disponibile ora come servizio on-demand all’interno della piattaforma targata Vmware. I cluster Kubernetes, che possono essere dimensionati da singoli a centinaia di nodi, possono così essere forniti in pochi minuti e gli sviluppatori vengono messi nella condizione, se necessario, di scalare i cluster senza tempi di inattività.

Ma il “feeling” del vendor con le tecnologie di containerizzazione si è avvertito chiaramente anche in altri componenti della sua offerta, decisamente più centrali rispetto a Photon. L’arrivo di vSphere e vSan 6.5, soluzioni per la gestione di computing e storage virtualizzati, ha significato infatti il supporto nativo ai container Docker anche in produzione.

“Queste tecnologie sono ancora in una prima fase, ma Vmware ha scelto di seguire fin da subito una chiara strategia in questo ambito, per aiutare i clienti a implementare i container”, ha spiegato Michael Haag, product line marketing manager, Storage and Availability Business Unit di Vmware. “La Photon Platform combina così la gestione delle macchine virtuali alle potenzialità della containerizzazione. Una gestione orientata alle Api, le capacità multi-tenant e la scalabilità la rendono un prodotto perfetto per la comunità DevOps”.

 

La Photon Platform di Vmware

 

Grazie anche, come detto, all’introduzione dei servizi di rete basati su Nsx e di storage tramite Virtual San. “La quinta generazione di vSan porta con sé una riduzione complessiva del costo totale di possesso e il supporto iScsi, che permette ai carichi di lavoro fisici di accedere ai dati immagazzinati con vSan (funzionalità utile soprattutto alle aziende con app legacy) comprese le applicazioni cluster come Microsoft Sql Server con Failover Clustering”, ha aggiunto Haag.

In questo modo le imprese possono sfruttare gruppi di server indipendenti, ma utilizzati insieme, per aumentare la disponibilità di applicazioni e servizi. “Ad oggi il 60 per cento dei casi d’uso di vSan è legato alle applicazioni fisiche, ma stiamo lentamente passando ad altri ambiti come il disaster recovery o la virtualizzazione dello storage in siti Robo, grazie anche alla connessione diretta a due nodi appena introdotta”, ha rimarcato il manager di Vmware.

Con la Cloud Foundation e la propria strategia multi-cloud, il vendor ha deciso di riunire poi “tutti i componenti per il data center definito dal software, un mercato ancora incredibilmente poco maturo”, ha sottolineato Haag. “Per vSan abbiamo 5mila clienti, con vSphere si sale a 500mila: una grandissima opportunità per aiutare i clienti ad abbracciare in futuro il Sddc. Disponiamo di un modo prescrittivo per arrivare finalmente al data center software-defined in modo simile a quanto fa Vce (parte della Federation di Emc, ndr) con Vxrail, che permette di eseguire velocemente il deployment di vSphere e vSan”.

 

Michael Haag, product line marketing manager, Storage and Availability Business Vmware

 

E dal punto di vista dell’accordo Dell-Emc, cosa cambia? Va ricordato infatti che Vmware è ora posseduta all’80 per cento dalla nuova realtà nata dalla fusione da 67 miliardi di dollari. “Continueremo a lavorare come prima, come stiamo facendo proprio con Vce per Vxrail sul tema dell’iperconvergenza. Questo accordo ha perfettamente senso anche per noi”, ha concluso Haag. “Ora che i vari componenti sono stati ‘sistemati’, continueremo a innovare sui vari elementi per accelerare il passaggio al mondo software-defined, che consente una gestione migliore, costi inferiori e la possibilità di fornire un ambiente operativo comune”.

L’azienda ha già in fase di rilascio una nuova beta di vSan, che dovrebbe uscire a breve ed è stata presentata ai clienti durante il Vmworld per testarne l’interesse. Le aree su cui il prodotto si focalizzerà saranno soprattutto la sicurezza, con la crittografia dei dati a riposo e la protezione multilivello per lo storage in cluster. In modo da aggredire i vari segmenti del mercato, dalle medie e piccole imprese all’enterprise, passando per gli stessi cloud provider che eseguono migliaia di macchine virtuali e “macinano” petabyte di dati.

 

Il tema “caldo” della fusione Dell-Emc è stato ripreso, durante il Vmworld di Barcellona, anche da Maurizio Carli, executive vice president worldwide sales di Vmware. “L’obiettivo di Dell è stato quello di diventare un singolo provider che offrisse server, storage e altri elementi per essere il numero uno nel cloud privato, un mercato che comunque esisterà ancora per moltissimo tempo”, ha sottolineato Carli. “Ma esiste anche il cloud pubblico, che Dell ed Emc non hanno aggredito”.

“Vmware può diventare il ponte tra questi due mondi: rimanendo indipendenti e quotati in borsa possiamo e dobbiamo operare per creare un ecosistema di partner, e più accordi stringiamo e meglio siamo in grado di muoverci”, ha aggiunto Carli. “Tramite il meccanismo finanziario alla base dell’accordo, Dell possederà circa il 30 per cento di Vmware, ma avrà il 90 per cento dei diritti di voto. Il board ospiterà Michael Dell e un rappresentante di Silver Lake”, il primo sponsor dell’operazione.

Carli non vede nessun rischio di perdere agilità vicino a un colosso di questo calibro. “Per noi non è un impedimento, ma un’opportunità. Le startup sono certamente più snelle, non solo come struttura, ma anche perché non hanno tecnologie legacy da mantenere. Siamo completamente immersi nella nuova ‘ondata’ tecnologica: ci rivolgiamo a Openstack e alla comunità DevOps con la piattaforma Photon”.

 

Da sx a dx: Alberto Bullani, country manager Italia e Maurizio Carli, Evp worldwide sales Vmware

 

A testimonianza di quanto sia cambiata (e stia cambiando) Vmware, basta un numero: oggi vSphere, sicuramente il prodotto core dell’azienda, genera un terzo del fatturato. Gli altri due terzi sono da attribuire ad altre soluzioni e queste continuano a crescere a un tasso maggiore del componente di virtualizzazione del computing. Con il 95 per cento delle vendite che, in Italia, arriva dal canale. “Per l’anno fiscale 2016 ci aspettiamo un fatturato di circa sette miliardi di dollari, con otto miliardi e mezzo di liquidità”, ha concluso Carli.

 

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