03/04/2020 di Redazione

Coronavirus, Google collabora alla “mappatura” degli spostamenti

La società di Mountain View fornirà alle forze dell’ordine di moltissimi Paesi, Italia inclusa, dati aggregati e anonimi raccolti da Google Maps. Nessun pericolo per la privacy, assicura l’azienda.

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Il data tracing "anti coronavirus" si intensifica. Anche Google, al pari degli operatori telefonici, ha iniziato a collaborare con le forze dell'ordine attraverso la geolocalizzazione, mostrando sulle sue mappe l'andamento degli spostamenti delle persone in queste difficili settimane di lockdown. In 131 Paesi e aree geografiche del mondo, Italia compresa, la società di Mountain View ha deciso di condividere con le forze alcuni dati tratti da Google Maps. Un’attività che, a detta dell’azienda, non rappresenta una minaccia per la privacy: quelli forniti sono dati aggregati e anonimizzati, non riconducibili ai singoli utenti. Google Maps già li raccoglie e analizza per le proprie finalità, cioè per mostrare quanto sia affollato un determinato luogo in un determinato momento.

 

“Sappiamo dalle forze dell’ordine che questo è lo stesso tipo di dati aggregati, anonimizzati, che potrebbero aiutare a prendere decisioni critiche per combattere il covid-19”, ha spiegato l’azienda. "Per proteggere la privacy delle persone, nessuna informazione identificabile, come la posizione di un individuo, i suoi contatti o spostamenti, verrà mai resa disponibile”. Chi, in ogni caso, volesse sottrarsi al monitoraggio può scegliere di disattivare nell’account Google la cronologia delle proprie posizioni.

 

Le statistiche di Maps vengono suddivise per categorie di luogo, distinguendo per esempio supermercati, farmacie, stazioni dei mezzi pubblici, parchi, aziende, abitazioni. I dati vengono aggiornati ogni 48-72 ore per mostrare le variazioni di tendenza. Finora, relativamente all’Italia, si è scoperto che tra l’inizio delle limitazioni agli spostamenti (cioè dal 9 marzo, presumiamo) l'affluenza di persone in farmacie e negozi di alimentari è diminuita dell'85%, in bar e ristoranti del 94%, nei parchi del 90%, sui mezzi pubblici dell’87% e sui luoghi di lavoro del 63%.

 

Esempio della dashboard creata con i dati di Google Maps (Fonte: Google)

 

Di fronte a notizie come questa, nonostante le rassicurazioni, la paura di violazioni della riservatezza e delle libertà individuali è certamente lecita. Specie se si guarda quanto accaduto nelle ben poco democratica Cina: dati di geolocalizzazione raccolti tramite smartphone e incrociati con le immagini catturate dalle molte videocamere di sorveglianza che tappezzano il Paese, per identificare le persone grazie a software di riconoscimento biometrico. In Europa ci si è limitati finora a ingaggiare i principali operatori di telecomunicazione affinché fornissero alle forze dell’ordine i dati di tracciamento delle celle telefoniche delle rispettive infrastrutture.

 

E nel Vecchio Continente, intanto, si studiano nuovi metodi per tracciare gli spostamenti della popolazione e quelli di chi viola la quarantena dopo essere risultato positivo al coronavirus. Si chiama Pan-European Privacy Preserving Proximity Tracing l’iniziativa avviata da 130 ricercatori ed esperti di privacy di otto Paesi europei per supportare le forze dell’ordine e gli sviluppatori software nella creazione di applicazioni utili per il contenimento dell’epidemia. L'idea è quella di fornire degli standard e una cornice tecnologica con cui poter creare applicazioni basate sull'uso del Bluetooth e rispettose della privacy. Tramite Bluetooth l’app può rilevare la prossimità di un altro dispositivo con installata a bordo la medesima applicazione. Diventa quindi possibile, spiegano gli ideatori del progetto, “interrompere le nuove catene di trasmissione del Sars-CoV-2 rapidamente ed efficacemente, informando le persone potenzialmente esposte”. 

 

L’iniziativa propone “procedure testate e consolidate per i misuramenti di prossimità su diffusi sistemi operativi mobile e dispositivi”, ma anche “un rafforzamento della protezione dei dati, della anonimizzazione, della conformità al Gdpr e della sicurezza”. Il principio di fondo, accanto alla tutela della riservatezza e alla liberta di sceltà (ciascuno può decidere se installare o meno l'applicazione sul proprio smartphone), è quello di un approccio più internazionale alla mappatura dei contagi, dal momento che al virus non interessano certo i confini tra gli Stati. Le applicazioni, pur sviluppate su base nazionale, avranno un certo grado di interoperabilità.

 

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