04/03/2019 di Redazione

Danni da cybercrimine da capogiro e raddoppiati in pochi anni

Uno studio di Cybersecurity Ventures stima che il costo mondiale dei danni da cybercrimine passerà dai tremila miliardi di dollari del 2015 ai seimila attesi nel 2021. Ma aumenteranno anche gli investimenti in sicurezza.

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Un danno dai seimila miliardi di dollari: a tanto ammonteranno le conseguenze del cybercrimine per le aziende e i cittadini del mondo nel 2021. Quello previsto da  Cybersecurity Ventures (e presentato in un report che anticipa la Rsa Conference apertasi oggi a San Francisco, evento di sicurezza Ict tra i più importanti dell’anno) è un sostanziale raddoppio rispetto ai già spaventosi tremila miliard di dollari di perdite causate nel 2015 da attacchi hacker, furto e compromissione di dati, interruzioni di servizio tramite DDoS e altre forme di violenza informatica. Non è esagerato affermare, come fanno gli autori dello studio, che questo complesso fenomeno rappresenta la principale minaccia per aziende di ogni genere, nonché un grosso problema per la società e l’economia mondiale.

Il “2019 Official Annual Cybercrime Report” condotto da Cybersecurity Ventures e sponsorizzato da Herjavec Group mette giustamente nel calderone dei conteggi i danni direttamente quantificabili e quelli indiretti: furto di denaro ma anche di proprietà intellettuale, cali di produttività e di reputazione, perdita di ricavi e di clienti, necessità di acquistare nuova dotazione tecnologica o di riparare quella compromessa. Il drammatico incremento del danno economico del cybercrimine, sottolinea Robert Herjavec, fondatore e amministratore delegato del gruppo che porta il suo nome, “evidenzia il netto incremento del numero di organizzazioni impreparate di fronte agli attacchi cyber”.

L'esplosione dei dati è complice
Ma se l’entità dei danni aumenta non è soltanto colpa delle aziende incapaci di difendersi. Così come è accaduto con l’evoluzione storica della microcriminalità, i giro d’affari cresce all’aumentare numerico dei possibili bersagli. L’umanità si allarga e
crescono i volumi e la varietà dei dati prodotti, sempre più affidati al cloud, ai dispositivi personali e alle autostrade del Web. “Il grado di difficoltà di una difesa delle aziende dal crimine informatico aumenta in relazione a molti fattori”, spiega Herjavec. “Autori di minacce emergenti, l’importanza dei dispositivi interconnessi e, a mio parere il fattore più critico, l’enorme quantità di dati bisognosi di una protezione: tutto questo alimenta la complessità della sfida”.

Sull’ormai famigerata esplosione dei dati, i numeri e le previsioni abbondano. Anche se prese con le pinze per la loro naturale imperfezione, le stime rendono l’idea delle trasformazioni in corso: a detta di Cisco, nel 2021 il traffico in entrata e uscita dai data center in cloud rappresenterà il 95% del flusso di dati globale, mentre per Intel il numero di oggetti connessi salirà a 200 miliardi nel 2020 (dai 2 miliardi del 2006) e secondo Gartner nel 2021 i dispositivi indossabili raggiungeranno la soglia del mezzo miliardo di unità vendute (dai 310 milioni del 2017).

Crescono gli investimenti
Staremo al passo con questa notevole espansione della superficie di attacco a disposizione dei cybercriminali, oltre che con l’evoluzione tecnologica incessante dei loro strumenti? A detta di Gartner, la spesa mondiale in prodotti e servizi per la sicurezza dei dati (dunque non il totale, ma una fetta del mercato della cybersecurity) l’anno scorso è stata di 114 miliardi di dollari e quest’anno salirà a 124 miliardi. Secondo Cybersecurity Ventures, invece, gli investimenti complessivi in cybersicurezza (per tutte le categorie di prodotto, software e servizio) ammonteranno a mille miliardi di dollari spalmati su cinque anni, da inizio 2017 a fine 2021. La cifra non sarà ripartita equamente sui cinque anni, ma crescerà da uno all’altro nell’ordine del 12-15%.

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