09/01/2015 di Redazione

Digitale è naturale: così ragionano le aziende

Un’indagine sponsorizzata da Ricoh svela un diffuso ottimismo negli ambienti di lavoro delle aziende europee: quasi tutte pensano di raggiungere la maturità digitale entro pochi anni. Ma servono investimenti, un salto culturale e nuovi modelli da seguire.

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Il digitale, nel mondo del lavoro, è la “nuova normalità” o, come direbbero gli anglofoni, “the new black”. Gli anni passati dall’ingresso negli uffici dei primi programmi per database digitali, ai fogli Excel, alla posta elettronica sembrano in realtà un’intera epoca, tant’è che oggi nelle aziende non esiste quasi attività o forma di comunicazione che non transiti dalla tecnologia. Un’indagine realizzata nel 2014 da Coleman Parkes per conto di Ricoh Europe ha fatto il punto della situazione sull’evoluzione digitale del mondo del lavoro nel Vecchio Continente, evidenziando un diffuso entusiasmo e ottimismo nei confronti del “digital working”.

Le tante anime di questo concetto significano efficienza, risparmi, vantaggio competitivo. Poco più di un terzo dei 1.245 dirigenti intervistati (in Italia, Regno Unito, Irlanda, Francia, Germania, Spagna, Paesi Bassi, Belgio, Paesi scandinavi, Svizzera, Russia e Medio Oriente), il 34%, ritiene che ci vorranno appena uno o due anni per raggiungere uno stadio di maturità digitale, mentre il 37% pensa che sarà necessario un po’ più di tempo, dai tre ai cinque anni. Questo significa che oltre il 70% dei dirigenti di aziende europee (e non) pensa di poter allineare il proprio business alle evoluzioni tecnologiche, sfruttandone al meglio i vantaggi, entro l’anno 2019.
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Per quanto riguarda i differenti reparti aziendali, secondo l’indagine saranno sono le operations a trarre il maggior vantaggio dalle tecnologie e dall’ottimizzazione dei processi, seguite dal marketing, dal customer service, dalle vendite e dal finance. In ogni caso, i professionisti interpellati ritengono che per tutte le aree aziendali ci siano ampi margini di miglioramento.

Le criticità non mancano e non mancheranno: i costi delle tecnologie e degli aggiornamenti sono la voce più citata, dal 68% degli intervistati, come ostacolo nel percorso verso la maturità digitale. A seguire sfilano le difficoltà culturali (il 51% pensa che i manager line of business debbano impegnarsi per comprendere i vantaggi del digitale), la necessità di cambiare le modalità di lavoro (50%) e quella di allineare tecnologie, processi e modalità di lavoro (50%).

 



Le grandi aziende, inoltre, più che quelle di piccole dimensioni si preoccupano di dover affrontare un ulteriore problema: l’integrazione delle tecnologie nuove con i sistemi legacy già in pista, aspetto messo in evidenza dal 53% delle grandi organizzazioni. Tema molto sentito, perché se è vero che il taglio dei costi rappresenta una delle motivazioni più forti per acquistare nuove tecnologie (si pensi alle Unified Communication e ai risparmi sui viaggi di lavoro), d'altra parte le aziende vogliono salvaguardare gli ivnestimenti già fatti per non erodere il margine di risparmio ottenuto. Le società di grandi dimensioni nel 41% dei casi sono anche preoccupate della complessità dei processi da mettere in piedi per evolvere verso il digitale.

Al di là delle difficoltà, tutti o quasi sono d’accordo sul fatto che ne varrà la pena. Per i dirigenti delle aziende di grandi dimensioni, la maturità digitale porterà con sé i vantaggi di un più semplice accesso alle informazioni (per il 93%), di processi di business ottimizzati (90%) e di una maggiore competitività nel proprio mercato di riferimento (86%). Nelle piccole aziende, invece, i benefit attesi riguardano soprattutto – come sopra – la semplificazione dell'accesso alle informazioni (79%) e il miglioramento dei processi di business (79%), ma anche la velocizzazione delle attività  e dunque una maggiore produttività (74%).
 

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