09/11/2012 di Redazione

Email marketing: l'Italia è troppo tradizionalista

Una ricerca di eCircle svela come il 71% dei marketer nostrani sia ancora attaccata ai modelli di relazione convenzionali. Solo il 18% invia messaggi personalizzati, mentre in molti non raccolgono dati sui clienti o, se lo fanno, non sono in grado di util

immagine.jpg

In tempi di mobilità, applicazioni e interazione social, l’email marketing può sembrare uno strumento di contatto e promozione quasi tradizionale per le aziende, ma tutto dipende da come lo si vuole trattare: come già evidenziato da una precedente indagine, eCircle sottolinea ancora una volta come le comunicazioni generiche abbiano perso efficacia. Oggi le aziende più accorte stanno evolvendo verso modelli più avanzati, che mirano alla fidelizzazione e all’engagement, e in questo percorso la parola chiave è personalizzazione: per parlare al potenziale cliente, senza annoiarlo e senza disperdere energie là dove non vengono raccolte, è necessario conoscere il proprio target.




Non si tratta più, tuttavia, di conoscerlo genericamente, ma di andare a disegnare uno per uno i profili dei propri interlocutori. Operazione resa possibile dalla raccolta e interpretazione di dati che arrivano, sempre più numerosi, dai comportamenti di acquisto ma anche dalle interazioni sui social network e dalle piattaforme di e-commerce. Dalla possibilità alla messa in pratica, però, il passo non è scontato, al punto che eCircle si è chiesta se questo scenario di email marketing evoluto sia oggi, in Italia, già una realtà o piuttosto ancora un sogno.

La risposta è che la verità, come vuole il proverbio, sta nel mezzo. L’indagine – titolata appunto Email Marketing su ciclo di vita dell’utente. Sogno o realtà per le aziende italiane? – è stata realizzata a settembre insieme a Human Highway e ha coinvolto oltre 240 dipendenti dell’area marketing di aziende italiane (manager o responsabili, addetti alla gestione dei canali offline e/o online), il 71% dei quali ha dichiarato di affidarsi a strategie di email marketing ancora molto “basic”.

Meno di un quinto, il 18%, ha invece già implementato un programma di messaggi automatici su ciclo di vita del cliente. Un modello che prevede l’invio in automatico di messaggi personalizzati per ciascun utente, come conseguenza di un comportamento o di un evento: l’apertura di una newsletter, un click su un link, la visita a una specifica pagina del sito, l’acquisto di un prodotto o l’abbandono di un articolo nel carrello prima di completare la transazione via e-commerce, o ancora il raggiungimento raggiungimento di un determinato numero di acquisti o punti fedeltà, la scadenza di un abbonamento o il compleanno del cliente.

Tra i marketer che hanno implementato questi programmi, il 46% si dichiara soddisfatto e ne conferma l’efficacia, con un 38,5% che sostiene di aver ottenuto un aumento delle performance pari al 50%. Tra i principali vantaggi dei programmi basati su “ciclo di vita”, gli intervistati hanno sottolineato l’aumento della fidelizzazione (menzionata dal 69% del campione), della customer satisfaction (42%) e del ROI (50%), e a seguire un incremento dell’engagement (34,6%), del numero di click e aperture di pagine (34,6%) e dei profitti a fronte di un minore invio di email (27%).

Resistenza al nuovo, un problema materiale
Circa la metà di coloro che hanno sperimentato programmi sul ciclo di vita dell’utente ha osservato vantaggi immediati, il che suggerisce come valga la pena almeno sperimentare forme di marketing nuove. E tuttavia le aziende italiane si rivelano ancora molto tradizionaliste se paragonate a quelle di Paesi come Germania o Regno Unito.

Oggi, per esempio, un buon numero di marketer italiani già  raccoglie informazioni sul comportamento degli utenti relativamente alla newsletter (59%), a informazioni geo-targetizzate (40%) o alla navigazione Web (30%): tra costoro, però, meno della metà utilizza effettivamente questo capitale di conoscenza per inviare comunicazioni personalizzate.

I perché di questa ancora parzialissima transizione verso il nuovo (e verso una maggiore efficacia di marketing) sono diversi, e banalmente includono anche l’assenza di personale in grado di dedicare tempo alla definizione di strategie di questo tipo: circa il 60% delle aziende toccate dall’indagine annovera un solo dipendente addetto alle attività di email marketing, e nel 41,2% dei casi impegnato part-time.



Sul perché, invece, molti marketer italiani non utilizzino i dati raccolti, eCircle spiega che si tratta soprattutto di un limite materiale. In molti casi le aziende non hanno ancora implementato alcuna integrazione tra la piattaforma utilizzata per l’attività di email marketing e gli altri sistemi tra quali Crm, tool di Web analytics, piattaforme di gestione del sito e-commerce, piattaforme di social Crm e via dicendo. Poco più di un terzo degli intervistati, il 34,2%, ha confermato di beneficiare dell’integrazione tra la piattaforma per email marketing e quella di Web analytics, mentre la percentuale delle aziende che la integrano con un sistema Crm è ferma al 23% e si scende ulterirmente al 16,7% per le piattaforme di gestione dello shop online.

“Nonostante le aziende italiane siano ancora piuttosto indietro in ambito email marketing, sono ottimista per il futuro perché i dati della ricerca dimostrano che i benefici apportati da queste azioni in termini di incremento del ROI, fidelizzazione e customer satisfaction vengono effettivamente riconosciuti dai marketer”, ha commentato Maurizio Alberti, managing director di eCircle Italia.

“Un dato molto interessante riguarda la propensione verso queste tipologie di programmi di email marketing anche da parte delle aziende che non li utilizzano attualmente: il 33% dei marketer che non le ha ancora implementate dichiara di volerlo fare entro prossimi 12 mesi”.



scopri altri contenuti su

ARTICOLI CORRELATI