03/07/2014 di Redazione

Eni fa il bis nel supercomputing con Ibm e Intel

L’azienda ha messo in moto il suo secondo sistema di High Performance Computing, realizzato con 1.500 nodi di calcolo Ibm,. A distinguerlo è l’impiego di un’architettura ibrida, che unisce 3mila processori Intel e 3mila acceleratori Nvidia Gpu.

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Per esplorare e studiare i giacimenti di idrocarburi possono servire fino a 3 petaflop di capacità di calcolo. A tanto può arrivare il nuovo sistema di High Performance Computing inaugurato da Eni, il secondo in dotazione alla Spa del cane a sei zampe (il primo è stato creato l’anno scorso), che avrà il compito di fornire la potenza di calcolo richiesta dagli algoritmi di elaborazione dei dati del sottosuolo e dalle applicazioni di simulazione di giacimento. Tre i vendor di tecnologia protagonisti di questo nuovo supercomputer: Ibm, con i 1.500 nodi di calcolo utilizzati e connessi tra loro, per un totale di oltre 30mila core; Intel, con 3mila processori Xeon di ultima generazione; e Invida, con altrettanti acceleratori Gpu.

Il nuovo supercomputer di Eni è l'undicesimo più potente al mondo


È proprio l’utilizzo combinato di processori tradizionali e di acceleratori di calcolo a caratterizzare il funzionamento di questo sistema, basato su una “hybrid cluster architecture” e in grado di portare in dote a Eni fino a 3 petaflop di potenza di calcolo. Il risultato è frutto di anni di ricerca, mirati a individuare la soluzione più performante ma anche più efficiente dal punto di vista del consumo energetico (2.8 Gigaflop/Watt).

Il nuovo High Performance Computer supporterà dunque il core business di Eni, consentendo una più veloce e accurata elaborazione dei dati del sottosuolo, per l’esplorazione e la simulazione dei giacimenti. Utilizzando codici proprietari e i più recenti strumenti di programmazione parallela, il gruppo petrolifero può ottenere dai dati sismici immagini 3D in alta risoluzione del sottosuolo, e può farlo cinque volte più rapidamente rispetto a quanto possibile con i supercomputer tradizionali; può, inoltre, raccogliere dati utili per ridurre i pericoli legati alle attività di esplorazione o per valutare il rischio sismico.

Questo secondo “supercervello” è ancor più potente di quello messo a punto lo scorso anno e composto da 1500 nodi Ibm iDataPlex e 1300 acceleratori Nvidia Tesla Gpu. Con i suoi 3 petaflop di capacità di calcolo e con una capacità di memorizzazione di 7,5 petabyte, il nuovo sistema si è classificato undicesimo nella più recente classifica Top500 dei principali calcolatori al mondo e nono nel ranking Green500, che valuta l’efficienza energetica.


Su questo fronte, oltre che dell’architettura ibrida, il computer beneficia dell’innovativo sistema di raffreddamento del data center di Eni che lo ospita, quello di Pavia: battezzato, non a caso, “Eni Green Data Center”, il sito impiega diversi metodi di risparmio energetico riuscendo a ridurre di 335mila tonnellate annue le emissioni di CO2, rispetto a un tradizionale centro dati.

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