18/05/2012 di Redazione

Facebook al Nasdaq. Per chi suona la campana Mark?

L’epopea di Zuckerberg vive una tappa storica: il social network più popolare del pianeta debutta in Borsa con un prezzo per azione (e una valutazione) da record. Fra chi sorride, con il Ceo, la cui dote di azioni vale ora 19 miliardi di dollari, all’Ipo

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Anche l’onore della campanella, come tradizione vuole per i debuttanti al Nasdaq, per dare il benvenuto a Facebook in Borsa, dove l’azione del social network più popolare del pianeta verrà scambiata a partire dalle ore 17.00 italiane con un prezzo di partenza di 38 dollari, il massimo della "forchetta" stabilita.



Per chi suona la campanella Mark Zuckerberg, Ceo dell’Internet company che entra di diritto nella storia di Wall Street e della finanza mondiale per avere raccolto il maggior collocamento sulla piazza borsistica Usa, circa 16 miliardi di dollari (18,4 miliardi compresa la cosiddetta “greenshoe”)?

La prima risposta è scontata: per gli azionisti. E per il semplice motivo che sulla carta oggi Facebook  esibisce un valore di capitalizzazione di mercato di 104 miliardi di dollari. Circa un quinto di quanto vale Apple, più della capitalizzazione di Amazon e metà di quella di Google. E circa 10 volte tanto la cifra che toccò la regina della net economy italiana, quella Tiscali che arrivò a valere in Borsa 27mila miliardi delle vecchie lire. Più della Fiat.

Secondo trader e analisti vari, l’azione FB potrebbe avere subito un rialzo del 15-20% anche in considerazione dell’aumento del numero di azioni collocate (oltre 421 milioni). Il che significherebbe introiti da capogiro per Zuckerberg e chi, fra cui il top management e moltissimi dipendenti, detiene un consistente pacchetto di azioni.

Il rischio, che tutti conoscono, è comunque dietro l’angolo. Facebook saprà generare stabilmente profitti capitalizzando al meglio la dote dei suoi oltre 900 milioni di utenti nel mondo? Saprà far lievitare sensibilmente le sue entrate pubblicitarie, che generano l’85% del giro d’affari della compagnia, arrivato a 3,7 miliardi nel 2011?

L’incongruenza della sua Ipo da record, in tal senso, è nei numeri. Il social network viene valorizzato oltre cento volte i suoi utili attuali (quelli calcolati nei dodici mesi a fine marzo scorso), contro un rapporto di 14:1 di Apple e di 19:1 di Google (che arrivò a un multiplo di 69 al termine della sua giornata di debutto). In altri termini ogni investitore di Facebbok pagherà un corrispettivo di 110 dollari per ciascuno degli utenti che al momento generano solo 4 dollari a testa.

La bolla delle Web company scoppierà quindi nuovamente? Vedremo. Intanto a Menlo Parck, sede del quartier generale di Facebook sono pronti a brindare e molto fiduciosi sono anche gli operatori commerciali nell'area della baia di San Francisco in relazione al previsto dei consumi e del mercato immobiliare.



E pronti a far saltare i tappi sono naturalmente quella stretta schiera di persone che detengono la maggior parte delle azioni FB. Zuckerberg, che rifiutò nel 2007 (a 23 anni) un’offerta di Microsoft da 15 miliardi di dollari, ne conserva al netto del collocamento il 18,4%, il che significa un assegno virtuale da 19 miliardi di dollari.

Il co-founder di Facebook, Dustin Moskovitz, ha sì lasciato la società nel 2008 per dare vita ad Asana ma al valore dell’Ipo ha in tasca azioni per un controvalore di 5,1 miliardi. E quote ultra milionarie hanno pure l'altro Eduardo Saverin (l'altro co-founder di FB, che ha il 5% delle azioni), Peter Thiel (co-founder di PayPal), Sean Parker (uno dei co-fondatori di Napster) e facce note come quelle di Steve Ballmer e Bono Vox.

Il Ceo di Microsoft vide giusto quando investì in Facebook otto anni fa e ora l’1,6% delle azioni di proprietà della compagnia di Redmond valgono (a 38 dollari per azione) 997 milioni. Il leader degli U2 può a sua volta invece cantare felice perché il gruppo di investimento Elevation Partners di cui è azionista possiede circa l’1,5% del capitale di Facebook. E sulla carta l’investimento di 176 milioni di dollari profuso per la creatura di Zuckerberg promette di essere ben più remunerativo di quello (ben superiore) stanziato per Palm.


A rovinare la festa a Zuckerberg & Co. solo un “piccolo” dettaglio: lo studio legale Stewarts Law US ha avviato in queste ore una class action riunendo 21 esposti di privati già depositati contro Facebook accusando il social network di aver violato la privacy degli utenti tracciandone le loro abitudini online. La richiesta messa sul tavolo dalla Stewarts Law è a nove zeri e sfiora il valore dell’Ipo: 15 miliardi di dollari.

 

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