24/05/2016 di Redazione

Facebook fa pace con i Repubblicani e cambia i Trending Topics

L’azienda ha avuto uno scambio epistolare con John Thune, presidente della commissione Commercio del Senato Usa, per chiarire una volta per tutte la questione della presunta censura di notizie di stampo conservatore sul social. L’indagine interna non ha r

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Il segno che i social network siano ormai diventati parte integrante delle nostre vite si vede anche nel dibattito che si è acceso di recente, negli Stati Uniti, sulla presunta manipolazione delle notizie politiche “scomode” operata da Facebook nella propria sezione Trending Topics. Secondo le accuse, mosse anche da esponenti del Partito Repubblicano e finite addirittura in Senato, il colosso di Menlo Park avrebbe affidato ad alcuni dipendenti il compito di rimuovere certe news dal servizio (simile a quello di Twitter) che indica agli utenti quali sono gli argomenti più caldi in un dato momento della giornata. Una notizia clamorosa, in quanto Facebook si è sempre presentato come semplice intermediario trasparente tra i media e l’opinione pubblica. Il social network blu si è affrettato a smentire l’indiscrezione, ma ha dovuto ammettere che il potente algoritmo che regola il flusso dei Trending Topics necessita ancora di un intervento umano.

La sezione è gestita da una piccola redazione che monitora costantemente dieci testate giornalistiche, come il New York Times e la Cnn, oltre a mille siti influenti, per decidere quali argomenti siano davvero importanti. Sarebbe però forse ora di usare l’imperfetto, perché Facebook ha annunciato un deciso cambio di pratiche interne con effetti immediati.

“La scorsa settimana ci siamo incontrati con il presidente della commissione Commercio del Senato Usa, John Thune, per illustrare la nostra indagine in risposta alle accuse anonime di preconcetti politici nella nostra funzionalità Trending Topics”, ha scritto in una lettera Colin Stretch, general counsel di Facebook. “Oggi abbiamo inviato al presidente Thune una nuova lettera con le nostre conclusioni”. La missiva è disponibile a questa pagina Web.

E quali sono i punti fermi a cui è approdato il social network? Innanzitutto (e sarebbe stato strano dichiarare il contrario), l’interferenza dal punto di vista politico non è una cosa che dalle parti di Menlo Park amano fare. “Siamo orgogliosi della piattaforma e della comunità che abbiamo creato ed è importante per noi che Facebook continui a essere una piattaforma per tutte le idee”, ha scritto Stretch.

 

La sezione Trending Topics di Facebook è disponibile solo in inglese in alcuni Paesi

 

L’indagine interna ha portato l’azienda ad accertare, senza dubbi, che “gli argomenti liberali e conservatori vengono approvati come trending topic con tassi praticamente identici”. Inoltre, il social network non è stato in grado di dare sostanza a “nessuna accusa di soppressione di argomenti e fonti motivate da scelte politiche”. Ma, per non dare più adito a dubbi e perché non è stato comunque possibile “escludere azioni isolate”, il colosso californiano ha deciso di voltare pagina.

D’ora in poi, infatti, il gruppo interverrà con controlli più capillari sul team editoriale, aggiornerà le linee guida al centro dello scandalo (un documento pubblicato qualche giorno fa dal Guardian con le “istruzioni” per i redattori) e promuoverà corsi di aggiornamento per il personale. Inoltre, ha sottolineato ancora Stretch, verrà eliminata la lista dei mille siti esterni su cui il team editoriale ha finora costruito la scaletta degli argomenti principali; così come spariranno i feed Rss e le dieci testate d’informazione principali.

Facebook prova quindi a zittire tutte le accuse, cambiando però radicalmente le modalità operative della sezione Trending Topics e spacciandole come grande novità. Ma se la notizia della redazione interna non fosse venuta alla luce? Il social network sarebbe andato avanti imperterrito per la propria strada? Va infatti ricordato che, in origine, Facebook aveva smentito qualsiasi intervento umano, mentre ha dovuto poi ammettere l’esistenza di operatori formati per “assistere” l’algoritmo.

La questione non è di lana caprina, in quanto i contenuti del social network blu possono essere visti da un pubblico potenziale di 1,65 miliardi di persone. La funzionalità dei trend non è ancora attiva in molti Paesi, ma il concetto di base non cambia. Proclamare trasparenza non è sufficiente, serve poi dare concretezza ai propri pensieri.

 

John Thune, senatore Usa per lo Stato del South Dakota

 

Al momento, però, la questione sembra essersi placata. Il senatore Thune ha risposto alla lettera di Facebook, dichiarandosi soddisfatto dello sforzo compiuto per affrontare la questione e del fatto che l’azienda abbia “riconosciuto i limiti ancora esistenti nel mantenere i sistemi informativi completamente liberi da potenziali preconcetti”. La commissione del Senato, comunque, rimane “aperta a qualsiasi nuova informazione in materia”.

 

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