01/08/2018 di Redazione

Facebook taglia i rami secchi e scopre un Russiagate-bis

Scaduto il termine per fare richiesta di “revisione”, centinaia di migliaia di app inattive hanno perso il diritto di accedere alle Api di Facebook. Intanto si scopre una nuova campagna di disinformazione tesa a screditare chi contesta Donald Trump.

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n Russiagate-bis e un ennesimo giro di vite nei permessi di accesso ai dati. Due notizie arrivano in contemporanea per Facebook, in un'estate contrassegnata dal tentativo di fare “pulizia” nel social network, liberandolo dal maggior numero possibile di spioni e troll, di minacce alla privacy e alla correttezza dell'informazione. Le due grandi spine nel fianco dell'azienda di Marzk Zuckerberg, ovvero gli scandali Russiagate e Cambridge Analytica, hanno prodotto ferite non curabili nel breve periodo, come dimostrato dal crollo in Borsa dei giorni scorsi. Alla lunga potrebbero, però, rivelarsi quello stimolo che mancava per andare verso una maggiore correttezza e trasparenza delle piattaforma social, sia rispetto alla privacy degli utenti sia rispetto all'informazione.

 

Andiamo per ordine. A due anni dal Russiagate, immensa operazione di disinformazione (con tanto di hackeraggi e cyberspionaggio, anche al di fuori dei social network) tesa a favorire Donald Trump ai danni di Hillary Clinton, una nuova campagna è stata scoperta da Facebook. La società non può puntare il dito contro il Cremlino perché, spiega, “siamo ancora nelle prime fasi di indagine”, ma qualche sospetto è lecito averlo. Questa volta, l'obiettivo immediato sembra essere quello di diffondere fake news e mettere in cattiva luce chi protesta contro la politica di “tolleranza zero” del presidente statunitense (diverse manifestazioni sono in programma a Washington). Così facendo, si tenta di influenzare l'esito delle elezioni politiche di medio termine del prossimo novembre.

 

Tra Facebook e Instagram sono state individuati e bloccati 32 account e Pagine, creati tra maggio 2017 e maggio 2018 per pubblicare fake news e contenuti ideologicizzati. Le ricerche condotte da Facebook con il supporto di forze dell'ordine, Congresso ed esperti di indagine forense hanno portato a scoprire che oltre 290mila utenti seguivano almeno una di queste pagine o profili, in particolare quelli chiamati “Aztlan Warriors,” “Black Elevation,” “Mindful Being” e “Resisters”. Altri contavano invece pochissimi follower o addirittura nessuno. Complessivamente, nel giro di circa un anno questi 32 account e pagine hanno pubblicato oltre 9.500 post organici e 150 post sponsorizzati.

 

Ed è difficile capire chi ci stia dietro, molto più di quanto non sia stato ricostruire le attività online della famigerata Internet Research Agency russa: per celare la propria identità, i non specificati soggetti hanno utilizzato reti Vpn e commissionato a terzi l'acquisto di inserzioni a pagamento.“Siamo di fronte ad avversarsi determinati e ben finanziati, che non si arrenderanno mai e che modificano continuamente le proprie tattiche”, scrive Facebook. Le indagini andranno avanti.

 

 

L'altra notizia riguarda, per l'ennesima volta, la questione della tutela dei dati personali degli utenti, a cui improvvisamente si è iniziato a prestare attenzione dopo il caso di Cambridge Analytica. Alla luce delle critiche ricevute per non aver vigilato a sufficienza, Facebook ha intrapreso un'opera di “bonifica” dalle applicazioni sospettare di compiere abusi nella raccolta e nell'utilizzo di dati, informazioni anagrafiche, like, cookie di navigazione e quant'altro.

 

Lo scorso maggio, dunque, l'azienda di Zuckerberg aveva annunciato la sospensione a titolo precauzionale di circa 200 applicazioni da sottoporre a verifiche. Nell'occasione era anche stato chiesto a tutti i titolari di app create usando le Api di Facebook di fare richiesta per essere esaminate allo stesso modo, a mo' di censimento. La scadenza per le domande era fissata all'1 agosto, e dunque chi non si è fatto vivo finora sarà tagliato fuori. “Stiamo vietando l'accesso alle Api a centinaia di migliaia di app inattive, le quali non hanno fatto richiesta di essere revisionate”, ha comunicato la società.

 

 

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