22/02/2019 di Redazione

Facebook toglie la Vpn “spiona” dal Google Play Store

Il social network ha rimosso Onavo Protect dalla piattaforma di Big G: la contestata applicazione ha permesso all’azienda di Menlo Park di raccogliere dati sensibili degli utenti all’interno di ricerche di mercato che coinvolgevano anche minorenni.

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Facebook chiude definitivamente l’applicazione Onavo Protect, rimuovendola dal Google Play Store. Il software (una Vpn) è finita al centro di accese polemiche per un progetto di ricerche di mercato coordinato dallo stesso social network, con cui l’azienda otteneva dati personali degli utenti che accettavano di partecipare al programma, pagando i volontari 20 dollari al mese. Una vicenda che ha destato scalpore perché fra gli iscritti figuravano anche molti minorenni. In seguito allo scoop di Techcrunch, Facebook ha quindi deciso di “spegnere” Onavo, interrompendo anche la registrazione dei dati. Le funzionalità di Vpn del software proseguiranno ancora per un po’ di tempo, in modo da dare agli utenti la possibilità di trovare un’alternativa.

La rimozione dal Play Store arriva a distanza di circa sei mesi dall’analoga eliminazione dall’App store di Apple. La Mela costrinse Facebook a togliere l’applicazione per iOs dal negozio online dopo l’inchiesta di Techcrunch: formalmente, il software violava il programma Enterprise Certificate di Cupertino pensato per gli applicativi sviluppati esclusivamente per i dipendenti delle imprese.

“Le ricerche di mercato aiutano le aziende a sviluppare prodotti migliori per le persone”, ha spiegato a Techcrunch un portavoce del social network. “Stiamo spostando il nostro focus su progetti che prevedono ricompense, il che significa che sospenderemo il programma Onavo”. Facebook acquisì la tecnologia Vpn dall’omonima società nel 2013 pagandola 200 milioni di dollari e, proprio grazie a quel monitoraggio, il board del colosso di Menlo Park si convinse ad acquisire Whatsapp.

Monitorando i dati di utilizzo degli smartphone, infatti, Mark Zuckerberg e soci si accorsero che su Whatsapp circolava il doppio dei messaggi rispetto a Messenger. Questo spinse Facebook a rilevare il software di messaggistica istantanea, pagandolo circa 19 miliardi di dollari.

 

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