10/05/2010 di Redazione

Fibra per l'Italia non è un'alleanza contro Telecom

L'annuncio congiunto di Vodafone, Wind e Fastweb di venerdì mette in chiaro alcuni punti tecnici ed economici e costituisce un pregevole tentativo di smuovere le acque (stagnanti). Ma, bisogna dirlo, non è affatto l'avvio della rete di nuova generazione.

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Venerdì, ma anche prima, se ne sono lette di tutti i colori sull'annuncio di Vodafone, Wind e Fastweb circa la rete di nuova generazione in fibra ottica che dovrebbe percorrere lo stivale. Facciamo prima a dire che cosa non è il progetto "Fibra per l'Italia".

Non è una nuova società. Gli amministratori delegati dei tre operatori hanno detto chiaramente che senza Telecom Italia non si va da nessuna parte, e che al progetto devono partecipare anche altri soggetti privati e pubblici. Quindi, al momento, non c'è un nuovo soggetto che si prederà carico di portarci nel dorato mondo della banda larghissima.

Non è un'alleanza contro Telecom Italia. Per funzionare, il progetto deve coinvolgere anche l'ex monopolista, ne consegue che non ci può essere un vero scontro.

Non è l'inizio della realizzazione della Ngn.
I tre operatori creeranno sì un'area pilota nel quartiere Fleming a Roma (cablando in fibra ottica circa 7.400 appartamenti), ma se non si verificheranno una serie di condizioni, al momento piuttosto lontane dal concretizzarsi, l'esperimento rimarrà tale.

Il progetto annunciato venerdì è però un passo. Piccolo ma utile. E' sostanzialmente tre cose:

- una richiesta ufficiale a Telecom Italia e agli enti preposti. Una cosa tipo: "non c'è più tempo da perdere, dobbiamo lavorare uniti e in fretta. Dateci risposte";

- una presa di posizione pubblica di Vodafone, Wind e Fastweb nei confronti degli utenti privati e aziendali: "noi abbiamo fatto una proposta concreta, e lo abbiamo detto agli italiani. Se non ci fosse un seguito, sapete con chi prendervela";

- un canovaccio che fissa alcuni punti fondamentali, sia tecnologici sia economici. Vediamo quali.

Per Vodafone, Wind e Fastweb i punti fermi del progetto sono sostanzialmente cinque.

1) La rete dovrà essere di tipo FTTH (Fiber to the Home). E' l'unica tecnologia in grado di garantire uno sviluppo negli anni a venire. Ed è la tecnologia scelta da tutti i Paesi più avanzati.

2) La rete dovrà essere di tipo Punto-Punto. Costa un po' di più in termini di fabbisogno di fibra, quindi l'investimento iniziale è più alto, ma garantisce una banda illimitata, una standardizzazione totale e bassi costi di esercizio. Di più: permette di costruire un'infrastruttura passiva a cui i vari operatori potranno accedere in egual misura, ciascuno con i propri apparati.

3) La rete dovrà essere una e una sola. Non c'è spazio per due Ngn nel nostro Paese. Per questo Telecom Italia non può essere esclusa dal progetto.

4) Tutti gli utenti dovranno migrare alla nuova rete. E' questo un punto fondamentale: un'adozione parziale da parte dei clienti porterebbe a un costo per linea non sostenibile. Ed è anche per questo che Telecom Italia è indispensabile.
Il progetto dei tre operatori mostra chiaramente come, a fronte di un costo di manutenzione della vecchia rete in rame di 915 euro per linea in 10 anni, la nuova rete ne costerebbe 871 (di realizzazione e manutenzione) se venisse adottata da tutti i clienti. Il costo salirebbe a 1.490 euro (sempre in 10 anni) se a scegliere la Ngn fosse solo il 50% degli utenti.

5) Alla "società della fibra" devono partecipare tutte le Telco ma anche la Cassa Depositi e Prestiti, le banche, investitori privati e le istituzioni locali. Gli investimenti, infatti, sono ingenti: 2,5 miliardi di euro per cablare, in 5 anni, le 15 maggiori città (prima fase del progetto, che arriverebbe a coprire circa il 16% della popolazione), altri 8,5 miliardi per coprire, in 10 anni, i 500 comuni più grandi (arrivando al 50% della popolazione). Queste due tranche di investimenti avrebbero un ritorno calcolato in circa 10 anni.

Sono solo 5 punti, 5 "mattoni", su cui costruire un muro che potrebbe essere solido o fragile, a seconda della risposta di tutti gli altri soggetti coinvolti. Vediamo quali.

L'iniziativa di Vodafone, Wind e Fastweb è quindi sostanzialmente due cose: una bozza di progetto (con i 5 importanti paletti già menzionati) e una richiesta.
La richiesta è rivolta a Telecom Italia, che non ha ancora preso una posizione concreta riguardo la Ngn e che ora probabilmente sentirà di più la pressione dell'opinione pubblica e degli addetti ai lavori.
Ma la richiesta è rivolta anche agli altri potenziali investitori e soprattutto al Governo, all'Agcom e all'Antitrust.
Tutti questi soggetti devono andare d'accordo (e i segnali arrivati fino a venerdì, prima dell'annuncio, non erano particolarmente confortanti) e devono forzare i tempi. Insomma, accordarsi e operare rapidamente: due cose che in Italia non riusciamo a fare quasi mai.
Ecco perché, nonostante l'apprezzamento per lo sforzo di Vodafone, Wind e Fastweb, restiamo un filo scettici. La cosa più probabile è che dopo la fiammata iniziale ci si perda di nuovo in questioni di lana caprina e in sterili difese di un territorio che potrebbe franare sotto i piedi di chi lo possiede. Quante volte in Italia abbiamo visto fare orecchie da mercante, sollevare polveroni, iniziare dialoghi interminabili?
Ma questa volta il tempo per i dibattiti, le manovre e le tattiche è finito. La tecnologia, il progresso e soprattutto gli altri Paesi non aspettano.
Non basta solo esere "favorevoli all'ipotesi" come ha dichiarato il viceministro Romani, e non basta dichiarare la "disponibilità dell'azienda a valutare" come ha detto Bernabè. In tempi brevi bisogna firmare regole e accordi, iniziare a scavare e posare i cavi. Un sasso è stato lanciato in uno stagno che rischia di asciugarsi. Attendiamo risposte concrete, adesso.

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