24/07/2019 di Redazione

Foto e numeri di telefono senza privacy, Facebook paga e cambierà

Al termine di un’investigazione della Federal Trade Commission su violazioni di privacy e trasparenza, l’azienda di Zuckerberg ha accettato di pagare 5 miliardi di dollari e di avviare nuovi controlli. Parte, intanto, una nuova indagine antitrust del Dipa

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Tutto era nato dal caso di Cambridge Analytica, ma le indagini sulle presunte colpe di Facebook si sono poi allargate ad altro, al riconoscimento facciale e all’utilizzo dei dati personali degli utenti. L’indagine avviata a marzo del 2018 dalla Federal Trade Commission statunitense starebbe per chiudersi formalmente, secondo indiscrezioni del Washington Post, con un accordo che prevede una duplice punizione per la società di Mark Zuckerberg: una multa di 5 miliardi di dollari (di cui già si era parlato nei giorni scorsi) e la creazione di una commissione, deputata a controllare che nulla, nelle pratiche del social network, violi la privacy delle persone.

 

Si tratta al momento di indiscrezioni di “fonti informate sui fatti”, ma l’annuncio ufficiale dell’accordo è atteso a breve, dunque non dovremo aspettare molto per la conferma o la smentita. A detta delle talpe, dall’iniziale lavoro di indagine sulle responsabilità di Facebook rispetto a Cambridge Analytica la Ftc ha poi concentrato l’attenzione su altri comportamenti del social network. Ora sarebbe pronta a fare due accuse, riguardanti abusi di privacy e mancata trasparenza.

 

Facebook, innanzitutto, secondo la commissione ha sbagliato cedendo a suoi inserzionisti i numeri di telefono di utenti che li avevano aggiunti ai profili per attivare la procedura di autenticazione a due fattori. Inoltre, il social network ha evitato di fornito a circa 30 milioni di iscritti sufficienti informazioni sulla funzionalità di riconoscimento facciale, usata dalla piattaforma per il tagging automatico delle fotografie.

 

Una multa è abbastanza?

Ora, a detta delle fonti anonime del Washington Post, l’accordo prevede una dinamica piuttosto curiosa, non nuova però. Facebook accetterà di pagare una multa da 5 miliardi di dollari e di creare al suo interno una commissione di controllo, inoltre ogni tre mesi Zuckerberg dovrà dimostrare che le regole di rispetto della privacy non siano state violate. In compenso, la sua azienda potrà evitare di dichiararsi “colpevole” delle due violazioni notificate dalla Ftc. Il paradosso è qualcosa di già visto, perché anche Google nel 2012 si risparmiò una formale sentenza di colpevolezza per abusi di privacy, accettando di pagare una multa da 22,5 milioni di dollari. E lo stesso ha fatto ora, pochi giorni fa, Equifax per stendere un velo pietoso sul data breach del 2017 con un’ammenda da 700 milioni di dollari.


L’importo delle multe, c’è da dire, è innegabilmente aumentato, così come è cresciuta negli ultimi anni l’attenzione delle istituzioni e dei  media al tema della protezione dei dati personali. Una sanzione da 5 miliardi di dollari, in ogni caso, è ben sostenibile per una società come quella di Zuckerberg, che fattura quasi 56 miliardi di dollari l’anno (55,8 miliardi nel 2018, su cui ha ottenuto un utile netto di 22,1 miliardi). La sanzione della Ftc inoltre sembrerà poca cosa a chi, come la senatrice e candidata alle primarie del Partito Democratico Elizabeth Warren, è preoccupata dell’eccesso di potere di una Facebook cresciuta a dismisura grazie alle acquisizioni di Instagram (nel 2012) e di Whatsapp (2014).

 

Il post pubblicato da Mark Zuckerberg

 

Nuova indagine antitrust sui colossi tecnologici
In quel di Menlo Park, comunque, i problemi non saranno cancellati soltanto da una multa e dall’impegno a dimostrarsi rispettosa della privacy. Il Dipartimento di giustizia statunitense ha annunciato ieri di aver avviato un’indagine antitrust per verificare la correttezza delle pratiche commerciali di Facebook, ma anche quelle di altre aziende tecnologiche non meglio specificate. Facile, però, che si tratti di Facebook, Google e Amazon. “La valutazione del Dipartimento”, si legge nella nota, “considererà le diffuse preoccupazioni che consumatori, aziende e imprenditori hanno espresso a proposito delle ricerche Web, dei social media e di alcuni servizi di commercio online”.  Il Guardian, inoltre, suggerisce anche il nome di Apple. Le dirette interessate, contattate dai giornalisti, al momento non si sono pronunciate.

 

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