12/12/2016 di Redazione

Google e la dieta dimagrante degli aggiornamenti delle app

Big G ha introdotto sul Play Store l’algoritmo “File-by-File patching”, che permette di ridurre anche del 65% il peso degli update delle applicazioni. La nuova tecnica raddoppia però i tempi di upgrade e consuma più batteria.

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Aggiornamenti più leggeri, ma decisamente più lenti. È questo il risultato del nuovo algoritmo implementato da Google sul proprio Play Store: ribattezzata “File-by-File patching”, la tecnica consente di ridurre il peso degli update delle applicazioni in media del 65 per cento, ma di converso può raddoppiare il tempo necessario all’installazione. Ecco perché, almeno per ora, Big G utilizzerà questo algoritmo soltanto per gli aggiornamenti automatici delle app, che solitamente avvengono di notte. E quando il dispositivo è collegato alla corrente: il “File-by-File patching” può infatti consumare molta più batteria rispetto alla metodica attualmente in uso. Vale a dire l’algoritmo bsdiff, introdotto da Google nei mesi scorsi e in grado di tagliare del 47 per cento il peso dei nuovi pacchetti rispetto al file Apk originale.

Ma come funziona il “File-by-File patching”? In sintesi, l’algoritmo permette di identificare soltanto la parte di codice modificata rispetto alla versione precedente: in questo modo il dispositivo da aggiornare può prelevare dal Play Store solo le parti realmente cambiate e non tutto l’Apk, ovviamente molto più pesante. Un percorso non praticabile fino ad oggi perché la tecnica di compressione impiegata da Google, chiamata Deflate, pur essendo ottimale per comprimere i dati non consentiva una facile individuazione delle modifiche.

“Anche un piccolo cambiamento del contenuto originale (come sostituire una parola in un libro) può far risultare l’output compresso completamente diverso rispetto alla prima versione”, ha scritto in un blog post Andrew Hayden, software engineer di Google Play. “Descrivere le differenze nel file originale è facile, ma diventa molto più difficile farlo nel contenuto compresso e questo porta a patch non efficienti” dal punto di vista del peso.

 

Fonte: Google

 

Come detto, però, il problema aggiuntivo (oltre al tempo) è il maggior consumo di batteria. “Sui dispositivi moderni (dal 2015 in poi), la nuova compressione può utilizzare poco più di un secondo per megabyte, mentre sui device più vecchi o meno potenti si potrebbe andare ancora più per le lunghe”, ha aggiunto Hayden. Il dimezzamento delle dimensioni, dunque, porta all’incirca al raddoppio dei tempi di aggiornamento.

 

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