07/04/2016 di Redazione

Google e Rackspace insieme per portare i chip Ibm nei data center

Il colosso di Mountain View ha scelto l’hosting provider texano per sviluppare a quattro mani nuovi server basati sui più recenti processori di Ibm, i Power9. Zaius, questo il nome in codice, si adatterà alle specifiche dell’Open Compute Project per rappr

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Concorrenti sui servizi di cloud pubblico, alleati nella creazione di piattaforme hardware per la nuvola. Google e la texana Rackspace uniscono le forze: lavoreranno insieme allo sviluppo di un server basato sui nuovi processori Ibm Power9 e su un design “aperto”. Battezzata con il nome in codice “Zaius”, la macchina avrà due chip e rispecchierà la specifiche costruttive dell’Open Compute Project (Ocp), iniziativa varata nel 2009 dal vice president della divisione infrastruttura di Facebook, Jason Taylor, e che annovera nel consiglio direttivo anche un pezzo grosso di Rackspace (il chief operating officer Mark Roenigk). Ma anche un rappresentante di Intel, azienda che forse non sarà contenta di vedersi preferire Ibm in questo nuovo progetto a quattro mani di Google e Rackspace. Fra quest’ultima e i processori di Big Blue, d’altra parte, la liason è in corso da tempo.

Google, secondo quanto dichiarato ufficialmente, avrebbe scelto Rackspace (azienda ben più piccola di Big G) come suo partner del progetto in virtù dell’esperienza già maturata con i precedenti chip di Ibm, Power8. Questi ultimi sono stati adoperati, per esempio, per realizzare i server “Barreleye”, messi a punto un anno fa dall’azienda texana e certificati lo scorso febbraio come conformi agli standard della Ocp. Superata la fase di test, Rackspace sta per passare alla produzione su larga scala di questi modelli, la cui prima destinazione saranno i data center del suo cloud pubblico. E il medesimo iter dovrà poi essere attraversato dai nuovi server con piattaforma Power9: sviluppo, approvazione della Ocp, produzione. A quel punto anche altre aziende potranno utilizzare il modello nei loro data center.

Secondo l’analisi di un giornalista di Forbes, il motivo per cui un colosso quale è Google ha cercato la collaborazione di una società più piccola sarebbe il medesimo per cui Facebook (cioè il Facebook non ancora “esploso” di qualche anno fa) ha fondato l’alleanza Ocp. Ovvero quello di non scomodare troppo le proprie risorse produttive interne, un impegno che si ripagherebbe solo con grandi economie di scala. In sostanza, i volumi di server da utilizzare internamente non sarebbero tali da giustificare eccessivi sforzi produttivi.

Un rendering di "Zaius" (credits: Ibm)

 

Bloomberg sottolinea invece un altro aspetto, cioè la volontà di spingere su architetture basate sui chip di Ibm e alternative a Intel. Dopo aver per lungo tempo utilizzato solo server x86 di quest’ultima, Google da un paio di anni sta sperimentando server basati sull’architettura Power di Big Blue, oltre che su processori Arm. In un blogpost, l’azienda del gruppo Alphabet ha sottolineato che “la domanda di capacità di calcolo in Google è stata incalzante, e non è destinata a rallentare”.  E per soddisfare questa domanda è necessario disporre di architetture diverse. Intel si è comunque detta tranquilla: “Continuiamo a essere ottimi partner e a collaborare strettamente sia con Google sia con Rackspace”, ha dichiarato un portavoce, Mark Miller, “ma allo stesso tempo riconosciamo che il mercato è competitivo e comprendiamo la necessità delle sperimentazioni in corso”.

 

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