Hpe paga l’iperconvergenza di Simplivity 650 milioni di dollari
L’azienda di Palo Alto acquisisce così una risorsa strategica nel campo delle soluzioni per i data center di prossima generazione. Il deal dovrebbe chiudersi a fine febbraio. Entro aprile la società lancerà i nuovi server Proliant Dl380 con tecnologia software-defined.
Pubblicato il 18 gennaio 2017 da Redazione

I rumors circolati a fine 2016 si basavano su presupposti solidi. Hpe ha annunciato l’acquisizione di Simplivity per 650 milioni di dollari in contanti. L’azienda guidata da Meg Whitman si porta in casa una risorsa strategica nel campo delle soluzioni iperconvergenti, una tecnologia in costante crescita e vista di buon occhio dalle imprese interessate a ottimizzare e rendere più efficienti e produttivi i propri data center. I sistemi di questo genere permettono di unificare risorse di computing, storage e networking in un unico “pacchetto”, gestibile in modalità software-defined. Il successo di Simplivity, società fondata nel 2009, risiede proprio in quest’ultimo componente.
La Oministack Data Virtualization Platform rende infatti tutte le risorse presenti nell’infrastruttura gestibili definite dal software. Le tecnologie sviluppate dall’aziende sono state utilizzate in questi anni da numerosi clienti, tra cui Dell (che ora però si basa su sistemi propri). Senza contare Cisco, Lenovo e Huawei. Oggi il concorrente numero uno di Simplivity è Nutanix, società quotata al Nasdaq dal settembre dell’anno scorso che vanta un fatturato di 445 milioni di dollari.
Secondo Idc, nel 2016 il mercato dei sistemi iperconvergenti ha raggiunto un valore di 2,4 miliardi di dollari a livello globale ed è previsto possa triplicare da qui al 2020, raggiungendo così una cifra superiore ai sei miliardi. Hpe ha sottolineato che nel giro di sessanta giorni dalla chiusura dell’operazione, prevista per fine febbraio, renderà disponibile il software Simplivity su propri server Proliant Dl380, per poi estenderlo nel corso dell’anno ad altri modelli.
Per Hpe sembra essere quindi arrivato il momento giusto per aprire i cordoni della borsa, dopo aver passato il 2016 a cedere pezzi del proprio business. L’azienda ha infatti lasciato andare lo scorso dicembre la componente Openstack e Cloud Foundry, rilevata da Suse (controllata da Micro Focus). Ancora prima, a maggio, Whitman aveva annunciato lo “spin merge” con Csc dei servizi enterprise, ora gestiti da una nuova realtà.
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