19/12/2018 di Redazione

Huawei, investimenti miliardari dal sapore diplomatico

L’azienda assumerà altro personale specializzato e amplierà i propri laboratori di ricerca e sviluppo, con l’obiettivo di aumentare la sicurezza dei propri prodotti. Il progetto quinquennale vale due miliardi di dollari e arriva in un periodo di forte cri

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Chiusa all’angolo, Huawei prova a reagire. Senza ricorrere alla forza (quella la lascia al governo cinese), ma utilizzando la diplomazia. L’azienda di Shenzhen, che rischia di essere bandita da mezzo mondo occidentale per la fornitura di apparecchiature per il 5G, ha annunciato un piano di investimenti straordinari da due miliardi di dollari sulla sicurezza dei propri prodotti. Il progetto, della durata quinquennale, prevede l’assunzione di personale specializzato e l’ampliamento dei laboratori di ricerca e sviluppo. Un segnale lanciato agli Stati Uniti e agli altri Paesi, proprio mentre Pechino decide di arrestare il terzo cittadino canadese in pochi giorni, molto probabilmente per rappresaglia contro il Canada: a inizio mese la Cfo di Huawei, Meng Wanzhou (figlia del fondatore della società) è stata arrestata a Vancouver, su richiesta degli Usa, con l’accusa di aver violato l’embargo nei confronti dell’Iran.

La manager è poi stata rilasciata su cauzione. Ora si trova ai domiciliari ed è in attesa dell’eventuale sentenza di estradizione verso gli Stati Uniti. Una vicenda che ha ovviamente scatenato le ire di Pechino e che ha portato il regime, come detto, ad arrestare tre cittadini canadesi per motivi differenti. Il primo è Michael Kovrig, ex diplomatico residente a Pechino e consulente della Ong International Crisis Group; il secondo è Michael Spavor, uomo d’affari con interessi in Corea del Nord. Non si conosce invece l’identità della terza persona fermata, ma non dovrebbe trattarsi né di un imprenditore né di un diplomatico.

Sia Kovrig sia Spavor sono stati incarcerati con l’accusa generica di mettere in pericolo la sicurezza del Paese, ma è abbastanza evidente che possano essere considerati “merce di scambio” da Pechino nel caso Meng. Una situazione che sta diventando insostenibile a livello internazionale e che lo stesso Trump si è detto pronto a risolvere mettendo, se necessario, una “buona parola” con le autorità canadesi per il rilascio definitivo della Cfo di Huawei.

Nell’annunciare il piano di investimenti da due miliardi di dollari, lo stesso rotating chairman dell’azienda Ken Hu ha auspicato una “giusta conclusione” della vicenda. Intervenendo anche sul tema del 5G, il dirigente ha sottolineato come Huawei abbia già siglato 25 contratti commerciali per il rollout delle reti di quinta generazione, consegnando oltre diecimila base station a diversi operatori di tutto il mondo.

“Escludere i competitor dal campo di gioco non ti rende migliore”, ha dichiarato Hu. “Pensiamo che tutti i dubbi o le accuse sulla sicurezza mosse a Huawei debbano basarsi su evidenze fattuali. Senza questi riscontri non possiamo che opporci fermamente a queste insinuazioni”. Diversi Paesi, fra cui Usa, Giappone, Australia, Nuova Zelanda, Francia e Germania, temono che le apparecchiature della multinazionale possano servire a Pechino come testa di ponte per penetrare nelle proprie reti, spiando di conseguenza le comunicazioni.

 

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