17/06/2017 di Redazione

I fotoni in arrivo dai satelliti rafforzano la crittografia

Un progetto di ricerca cinese è riuscito a trasmettere per 1.200 chilometri informazioni altamente sicure, sfruttando i principi della meccanica quantistica: una distanza dieci volte maggiore rispetto a quanto fatto sino ad oggi.

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E se anche la sicurezza della Rete potesse beneficiare un giorno degli avanzamenti nel campo del computing quantistico? Un gruppo di scienziati cinesi sembra essersi avvicinato alla possibilità di trasmettere su grandi distanze dei dati crittografati, utilizzando come vettore i fotoni o più in generale altre particelle quantistiche correlate (entangled) e come sorgente i satelliti. Per i ricercatori collegare in questo modo le particelle consente di trasmettere informazioni da un luogo all’altro, all’interno di quella che è stata definita una rete quantistica, senza incorrere nel rischio che i dati vengano decifrati e quindi carpiti da terzi. Quanto fatto dal team cinese ha dell’incredibile, in quanto le informazioni sono state trasmesse a una distanza record di 745 miglia, pari a quasi 1.200 chilometri. Fino ad oggi si coprivano al massimo spazi pari a un decimo.

Riuscire ad allungare le distanze è fondamentale, ma i fotoni entangled hanno un problema: decadono abbastanza in fretta e, anche se trasmessi su fibra ottica, degradano completamente entro 240 chilometri. L’idea di sfruttare i satelliti non è nuova, ma l’anno scorso il governo cinese ha deciso di finanziare con l’equivalente di 100 milioni di dollari i “Quantum Experiments at Space Scale”.

Il satellite utilizzato è equipaggiato con un sistema di laser e specchi e con uno speciale cristallo, in grado di decodificare i dati e le chiavi crittografiche direttamente sui fotoni, mentre le particelle viaggiano versa la Terra. Pur essendo una soluzione più performante rispetto alla trasmissione terrestre, grazie all’assenza di ostacoli lungo il percorso, rimangono ancora dei grossi ostacoli da superare.

Ad esempio, il cristallo montato sul satellite può generare sei milioni di coppie di fotoni, in ogni momento. Le due stazioni dislocate sulla Terra, invece, possono individuarne solo un paio al secondo. Ma la sfida è emozionante, anche perché un eventuale successo del progetto potrebbe potare significativi miglioramenti alle tecnologie crittografiche.

Se un malintenzionato dovesse infatti di intercettare la chiave durante il transito dei fotoni ne provocherebbe l’immediata modifica. Questo a causa dei complicati meccanismi quantistici, secondo cui l’interazione con una particella ne cambia immediatamente lo stato. I risultati del lavoro del team della University of Science and Technology of China, guidato dal professor Chao-Yang Lu, sono stati pubblicati sulla rivista Science.

 

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