22/05/2019 di Redazione

Il cloud fa proseliti in Italia, quasi sempre è ibrido e “multiplo”

Uno studio di Idc evidenza le differenze geografiche nell’adozione delle infrastrutture cloud in diversi Paesi europei. Ce ne parla Massimo Bandinelli, marketing manager di Aruba Enterprise.

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Le aziende che non utilizzano nessuna forma di cloud computing in Italia sono ormai delle mosche bianche. E vale non solo per i servizi cloud di tipo Software-as-a-Service, ma anche per l’infrastruttura. Il modello di adozione prevalente è quello ibrido, di cui si sente parlare da tempo, e che ormai per le aziende nostrane non è più un territorio totalmente sconosciute. Emerge sempre di più, inoltre, la tendenza a rifornirsi da più vendor creando assetti definiti “multi-cloud”. Ma in che cosa l’Italia si distingue da altri Paesi europei? Ci risponde Massimo Bandinelli, marketing manager di Aruba Enterprise, citando alcuni dati emersi da uno studio di Idc.

 

Massimo Bandinelli, marketing manager di Aruba Enterprise


 

Paese che vai cloud che trovi, verrebbe da dire. Per quanto la Digital Transformation si stia muovendo sempre più trasversalmente in tutta Europa, ogni Paese continua ad avere le proprie esigenze in termini di IT e la domanda di cloud nelle sue differenti forme ne è la riprova. Aruba ha voluto delineare un quadro sull’andamento della richiesta dei servizi cloud in Europa, considerando nello specifico i tre mercati in cui la presenza dell’azienda è attiva: Italia, Regno Unito e Polonia.

Il mercato europeo dell’ICT è di per sé un mercato in crescita come testimoniano i dati resi disponibili da Idc, secondo cui si continuerà a crescere del 22% fino al 2022 con tassi di sviluppo più alti che in ogni altra parte del mondo, anche grazie all’entrata in vigore del Gdpr.

 

La diffidenza polacca
Questo processo di trasformazione si muove con differenti velocità: in Polonia, ad esempio, la diffidenza nei confronti del cloud è ancora elevata. Secondo i dati del report “Use of Cloud Services in Enterprises in Poland”, l'87% delle aziende dispone ancora di un’infrastruttura fisica on-premise, mentre a utilizzare soluzioni cloud è solo il 27%.  Il fattore principale che incoraggia le aziende a usare il cloud in Polonia è la disponibilità del servizio via Internet (39%), seguito dalla consapevolezza che ci sia un livello superiore nella sicurezza dei dati (38%) e, infine, i costi inferiori di attivazione (nel 36% dei casi). Ciononostante, il 63% degli intervistati indica preoccupazione per la sicurezza dei dati come il principale ostacolo nell'utilizzo di servizi cloud. In Polonia tutti i modelli di cloud, cioè pubblico, ibrido e privato, sono in uso. Secondo un sondaggio commissionato da Aruba Cloud, il 50% degli utilizzatori si rivolge a soluzioni di cloud privato, il 26% al cloud pubblico ed il 23% al cloud ibrido. La ragione della popolarità del modello di cloud privato tra le aziende polacche sembra essere il controllo diretto che la soluzione fornisce ad ogni azienda sulla sicurezza dei dati.

 

Multi-cloud all’italiana
La situazione è differente nel Belpaese, dove la sensibilizzazione sul tema del cloud condotta nel corso degli ultimi otto anni ha dato sicuramente i suoi effetti e dove le infrastrutture al 100% “fisiche” sono diventate una rarità. Nel 2018 il mercato del cloud pubblico in Italia ha raggiunto un valore di quasi 1,5 miliardi di euro, in crescita del 26,3% rispetto al 2017. Inoltre, il livello di adozione dei servizi cloud  nelle aziende nostrane con oltre 250 addetti è risultato superiore al 51%.

La domanda di cloud in Italia continua, quindi, a trasformarsi. Se nel 2017 c’è stato il boom del cloud ibrido, con tantissime richieste di soluzioni miste di cloud privato e infrastruttura fisica, sia on-premise che sia data center, nel 2018 è tornato a crescere il cloud pubblico, anche grazie a una maggiore attenzione nei confronti delle soluzioni di disaster recovery, business continuity e backup su piattaforme in cloud. Un’impennata di richieste da ricondursi anche al Gdpr, che prevede la protezione del dato “by design”, cioè fin dalla progettazione dell’infrastruttura.

La tendenza che si sta evidenziando oggi in Italia nelle aziende è quella dell’introduzione di strategie multi-cloud. Le ragioni che portano alla migrazione di una infrastruttura o parte di essa su differenti provider sono molteplici: dal livello di servizio e di assistenza offerto (Sla) alla tipologia di servizio, dal livello di esperienza di un provider nella gestione di un servizio alla ridondanza geografica e – perché no – anche al prezzo.

 

Il Regno Unito viaggia a tutto gas

Anche in questo Paese la strategia multi-cloud ha preso il sopravvento, coinvolgendo addirittura l'81% delle aziende, mentre le soluzioni ibride stanno perdendo popolarità (-7%), dato che potrebbe rappresentare un vero e proprio cambiamento nel modo in cui le imprese stanno percependo il cloud.

La velocità con cui le aziende con sede nel Regno Unito stanno adottando il cloud diventa sempre più incalzante. Solo sette anni fa, nemmeno la metà (48%) delle organizzazioni utilizzava consapevolmente servizi basati su cloud, percentuale salita oggi all'88%. E questi dati suggeriscono che il tasso di adozione del cloud aumenterà ulteriormente nei prossimi due anni. Tra le organizzazioni che attualmente non utilizzano il cloud, infatti, la metà si aspetta di farlo in un prossimo futuro, dunque entro due anni il 93% delle aziende userà almeno un servizio cloud. Una percentuale sempre più elevata di aziende britanniche, inoltre, si sta affidando al cloud pubblico per ottenere soluzioni che mirano al backup dei dati e al disaster recovery. E la cosa non sorprende se si pensa che le previsioni pubblicate da Gartner, dicono che nel 2021 i ricavi prodotti dal cloud pubblico a livello mondiale saranno stimati attorno ai 278 miliardi di dollari, quasi il doppio rispetto ai 145 miliardi del 2017. E una buona parte di questo mercato è costituito proprio dall’Europa.


In conclusione, un concetto è chiaro a tutti: avere un cloud europeo rientra in un discorso strategico, industriale ed economico. Ed il raggiungimento di questa consapevolezza “paneuropea” è anche merito del Gdpr, che da presunto ostacolo si è trasformato in un vero e proprio acceleratore del processo di digitalizzazione delle aziende di tutta Europa, aumentando la consapevolezza di tutti sull’importanza del dato e della privacy delle informazioni.

 

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