18/02/2020 di Redazione

Il coronavirus ha contagiato anche gli iPhone, Apple venderà meno

La società di Cupertino ha annunciato una revisione al ribasso delle stime di fatturato del secondo trimestre. Colpa della chiusura forzata delle febbriche cinesi, ma anche del calo della domanda.

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Anche l’iPhone è tra le vittime del coronavirus. Apple ha fatto sapere con una nota diretta agli investitori che le stime di ricavi inizialmente previste per il secondo trimestre di quest’anno non potranno essere soddisfatte: l’azienda non raggiungerà, quindi, ricavi compresi tra 63 e 68 miliardi di dollari né un margine operativo compreso tra il 38% e il 39%, numeri che erano stati comunicati nella guidance emessa il 28 gennaio scorso. Da allora la crisi sanitaria si è ulteriormente sviluppata e oggi, mentre il conteggio dei decessi in Cina raggiunge quota 1.800, la maggior parte delle fabbriche restano chiuse o solo parzialmente in funzione.

 

“Il Paese sta cominciando a tornare operativo”, scrive l’ufficio stampa di Apple, “ma ci attendiamo che il ritorno alla normale situazione sia più lento di quanto previsto. Di conseguenza, non ci aspettiamo di raggiungere le stime di fatturato fornite per trimestre di marzo, a causa di due principali fattori”. Il primo, spiega l’azienda, è la temporanea riduzione della disponibilità di iPhone sul mercato: nonostante alcune delle fabbriche dove il melafonino viene assemblato siano collocate al di fuori della provincia di Hubei e in parte abbiano riaperto i battenti, stanno tornando ai normali livelli di produzione “più lentamente del previsto”.

 

La seconda ragione è il calo della domanda di iPhone in Cina, dovuta ai coprifuoco e alla situazione di isolamento in cui molti stanno vivendo ma anche alla chiusura degli Apple Store e dei negozi che rivendono i prodotti della Mela. I punti vendita che hanno riaperto stanno ancora seguendo un orario ridotto. Fuori dalla Cina, sottolinea l’azienda, i livelli di domanda non hanno subìto contraccolpi.

 

Apple non è certo l’unica società tecnologica a risentire degli impatti indiretti del coronavirus, né il settore tecnologico è l’unico colpito. Singapore ha corretto al ribasso le proprie stime di crescita del Pil nel 2020, da una forbice compresa fra 0,5% e 2,5% a una compresa tra -0,5% e 1,5%.  E se addirittura la ricca città-Stato ammette una possibile recessione, non dobbiamo scandalizzarci per la stima riguardante l’Italia contenuta nel nuovo report della banca d'affari giapponese Nomura: è possibile, nella peggiore delle ipotesi, che il nostro Paese il Pil quest’anno cali dello 0,1%, specie a causa della contrazione dei flussi turistici. Una stima ben più pessimistica rispetto alla crescita dello 0,6% prevista dal governo italiano. Molto dipenderà, naturalmente, dall’evoluzione dei contagi di COVID-19 e dalle conseguenti misure di blocco degli ingressi dalla Cina.

 

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