07/04/2017 di Redazione

Il fact checking di Google si allarga a tutto il mondo

Disponibile anche in Italia l’etichetta che identifica una notizia non verificata e quindi potenzialmente falsa. Big G estende così uno dei tanti strumenti che i colossi tecnologici stanno mettendo in campo per combattere il fenomeno delle bufale in Rete.

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Google rincara la dose contro le bufale in circolazione sul Web. Praticamente tutti i colossi hi-tech e attivi nei servizi digitali stanno cercando di combattere la battaglia sulle fake news, che mai come in questi mesi stanno ricevendo così tanta attenzione mediatica. Dopo il tag introdotto da Facebook a dicembre per indicare una possibile notizia falsa condivisa in Rete, Big G ha deciso di estendere un alert simile al proprio servizio News e ai risultati del motore di ricerca, con disponibilità immediata in tutti i Paesi in cui il colosso di Mountain View è operativo. L’etichetta, chiamata “Fact Check” e sbarcata negli Stati Uniti e in Uk lo scorso ottobre, comparirà vicino a tutti gli articoli che hanno subito un processo di verifica da parte di una delle organizzazioni di fact checking partner di Google.

“Con migliaia di nuovi articoli pubblicati online ogni minuto di ogni giorno, la quantità di contenuti con cui si confrontano gli utenti può risultare eccessiva”, hanno scritto in un blog post Justin Kosslyn, product manager di Jigsaw e Cong Yu, ricercatore di Big G. “E purtroppo non tutti questi contenuti sono aderenti ai fatti o veri, rendendo così difficile per i lettori distinguere la verità da ciò che è falso”.

“Per la prima volta, quando viene effettuata una ricerca su Google che restituisce un risultato contenente la verifica dei fatti di uno o più affermazioni pubbliche, sarà possibile visualizzare la veridicità nella pagina dei risultati. Lo snippet (questo il nome del box, ndr) mostrerà informazioni sulla dichiarazione verificata, da chi è stata fatta e se una fonte ha controllato quella particolare dichiarazione”, hanno aggiunto Kosslyn e Yu.

Tramite la collaborazione di Jigsaw e di altre organizzazioni di fact checking, Big G cercherà di fornire il più possibile notizie validate. L’azienda ha però sottolineato come “potrebbero esserci pagine di risultati di ricerca in cui diverse fonti hanno verificato la stessa affermazione, raggiungendo però conclusioni diverse. Queste verifiche dei fatti naturalmente non sono effettuate da Google e potremmo anche non essere d'accordo con i risultati”.

 

Credits: Google

 

Ma, ha rimarcato il gruppo californiano, “riteniamo che sia utile per le persone capire il grado di consenso attorno a un argomento e avere informazioni chiare su quali fonti concordano. Rendendo queste attività di fact checking più visibili nei risultati di ricerca, riteniamo che gli utenti possano esaminarle e valutarle con maggiore facilità per formarsi così opinioni e pareri” più equilibrati.

Per poter fregiarsi dell’etichetta certificata da Google, gli editori dovranno utilizzare il markup ClaimReview di Schema.org sulle pagine nelle quali effettuano il fact checking di dichiarazioni pubbliche, oppure sfruttare il widget “Share the Facts” sviluppato dal Duke University Reporters Lab e da Jigsaw. Solo gli editori che, tramite algoritmi, saranno valutati come fonte autorevole di informazioni si qualificheranno per essere inclusi nelle ricerche.

Infine, i contenuti dovranno rispettare le norme generali che si applicano a tutti i tag di dati strutturati e ai criteri stabiliti Google News Publisher per il fact checking. Se un editore o un articolo di verifica non raggiungeranno questi standard o non rispetteranno le regole, Big G potrà ignorare completamente il markup.

 

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