01/08/2018 di Redazione

Il Play Store dice addio alle app di criptomining

Google ha deciso di eslcudere dal proprio marketplace le applicazioni di produzione di monete virtuali. Come Apple prima di lei, il divieto è un tentativo di evitare danni ai dispositivi.

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Vietate le applicazioni di cryptomining sul Google Play Store: lo ha annunciato la società del gruppo Alphabet, a pochi mesi dalla decisione di Apple che aveva imposto lo stesso veto nel suo negozio digitale. Restano escluse ammessi su entrambi i marketplace le applicazioni che permettono agli utenti di gestire la produzione da remoto, sfruttando ad esempio le piattaforme cloud.

 

L’obiettivo dei due colossi tecnologici è quello di limitare i rischi che un utilizzo improprio delle app di produzione di monete virtuali può generare. Spesso i dispositivi “sfruttati” per estrarre criptovalute mostrano rallentamenti del sistema e talora incorrono in danni irreversibili alle batterie, danni a cui iniziano ad affiancarsi quelli di programmi malevoli veri e propri, che puntano al furto di dati.

 

La società di Mountain View ha già bannato le estensioni di mining di criptovalute sul suo browser Chrome. E anche questa nuova decisione rientra nel piano di banche e compagnie tecnologiche di affrontare gli aspetti più pratici del mondo delle monete virtuali.

 

Intanto la più famosa delle criptovalute, il Bitcoin, è scesa anche se per poco al di sotto degli 8.000 dollari di valore. Alla base, quello che Mati Greenspan, analista per eToro, definisce come un “risk-off mood”: gli investitori hanno voluto ridurre la propria esposizione alle criptovalute, vendendo titoli di società tecnologiche e Web in favore di altri assett ad alto rischio. La cessione è partita dalle azioni Faang, cioè quele di Facebook, Amazon, Apple, Netflix e Google, per poi riflettersi anche sui mercati di criptovalute e del Bitcoin. La moneta ieri ha perso il 2,48% del proprio valore.

 


 

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