25/01/2016 di Redazione

Il retail digitale si espande dal Web alle app, fino ai negozi

E-commerce tradizionale, ma anche applicazioni per fare shopping dai dispositivi mobili, senza però dimenticare le tecnologie che trasformano l’esperienza di acquisto nei punti vendita fisici. Il filo rosso del “nuovo” retail è la soddisfazione del client

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In mezzo a tanta tecnologia, l’attore protagonista sul palcoscenico del retail rimane il cliente. Così era ieri e sempre più sarà, come dimostra una delle eccellenze mondiali del settore, Amazon, con il successo del suo servizio di consegna veloce Prime o la sperimentazione dei droni, che non è un effetto speciale fine a se stesso ma serve a migliorare il servizio. Che si tratti di hardware, di software o di servizi, il turbine delle innovazioni digitali applicate al retail non deve girare a vuoto, bensì focalizzarsi sul miglioramento del rapporto con il consumatore e della user experience. Da tempo il marketing parla di un’utenza “empowered”, più informata e consapevole ma anche più esigente, plasmata da anni di social media, scambi di opinioni e recensioni online che hanno irreversibilmente spostato verso l’alto l’asticella delle aspettative.

E ancora una volta Amazon fa scuola, perché secondo l’American Customer Satisfaction Index negli ultimi quindici anni il livello di soddisfazione dei clienti statunitensi verso la piattaforma di e-commerce non è mai sceso sotto l’85%. Mantenere l’esistente, tuttavia, non basta. Il flusso del cambiamento digitale è duplice: da un lato c’è l’esperienza di chi compra, il suo modo di fare shopping e di interagire con l’azienda o il marchio; dall’altro c’è la necessità di sfruttare l’analisi dei dati per ottimizzare tutti gli aspetti gestionali e strategici della vendita.

 

La user experience prima di tutto
Uno dei concetti più citati quando si parla di “nuovo” retail è la multicanalità, che esprime il bisogno di muoversi su più livelli, aprendosi all’online e al digitale ma non dimenticando i luoghi tradizionali della vendita. Il passo ulteriore è l’omnicanalità, secondo cui tutti i canali di interazione e di acquisto devono garantire una user experience coerente. Banalmente, questo per esempio significa che un operatore di call center, contattato telefonicamente, non può ignorare le precedenti interazioni e richieste del cliente su altri canali, per esempio il profilo Facebook o Twitter dell’azienda. Oppure che, se si invia una comunicazione promozionale via Sms o via email, i commessi del negozio non restino all’oscuro di questa operazione. Ma la banalità di questi requisiti è solo apparente, perché l’approccio omnicanale richiede sia una diversa gestione dei dati e delle tecnologia, sia una diversa mentalità.

Il bisogno di coltivare, coerentemente, più canali di vendita emerge anche da qualche dato di scenario. Secondo una ricerca di Demandware (“Sopping Index”, che misura i comportamenti di oltre 200 milioni di utenti che navigano su 1300 siti), nel secondo trimestre del 2015 su scala internazionale gli smartphone hanno contribuito per il 94% all’aumento del traffico rilevato rispetto all’anno precedente, anche se nel 65% dei casi il processo di acquisto viene concluso da Pc o da tablet. Questo significa che, nell’esperienza di shopping digitale, il cliente sta imparando a sfruttare più dispositivi, scegliendo quello più a portata di tasca per curiosare fra i cataloghi dei siti di e-commerce e quello più comodo, con schermo ampio e magari tastiera, quando si tratta di compilare dati di pagamento. E tutto ciò richiama alla mente l’esigenza di siti responsive, capaci di adattarsi alle dimensioni dello schermo su cui le pagine vengono visualizzati.

 

E l’Italia? Stando ai dati dell’Osservatorio B2c Netcomm-Politecnico di Milano, lo scorso anno gli acquisti di e-commerce sono cresciuti del 16%, con un particolare aumento della spesa media in capi di abbigliamento e prodotti di bellezza. Solo in poco più di un caso su cinque, il 22%, si compra attraverso lo smartphone, ma la tendenza è in crescita (+66% di acquisti nel 2015 rispetto all’anno precedente). Un altro studio di Netcomm svela invece che 21 milioni di italiani hanno fatto compere su Internet o via app almeno una volta nella vita, mentre gli “e-shopper” abituali sono 11 milioni.

 

 

Digitale è anche fisico
Anche per chi vende online, trascurare i negozi tradizionali sarebbe un grave errore. Sia perché in molti sono e resteranno legati all’esperienza di acquisto “fisica”, sia perché quest’ultima sta vivendo una seconda giovinezza proprio grazie alle innovazioni del digitale. Alcune logiche nate sul Web, in siti di e-commerce come eBay e Amazon, si stanno trasferendo nei canali fisici: si pensi alla personalizzazione delle proposte di acquisto e delle promozioni, resa possibile dalla maggiore conoscenza di un cliente che lascia tracce di sé sui social network o in altri luoghi della Rete. Dopo che i coupon digitali e i QR code hanno svecchiato il concetto di proximity marketing, oggi si parla di negozi “connessi”, dove la presenza di una rete WiFi gratuita diventa un servizio aggiuntivo ma anche un fattore di traino alle vendite (perché l’utente può consultare in tempo reale prezzi e recensioni prima di un eventuale acquisto) o di mappatura del cliente (se è richiesta registrazione).

Quella che potremmo definire come “economia della reputazione”, nata su Internet con i forum e poi cresciuta sui social media, ora esercita la sua influenza anche sul punto vendita tradizionale. Che il contatto umano non sia passato di moda lo dimostra anche una ricerca di Epson, secondo cui il 62% dei clienti acquista privilegiando i negozi fisici. “Sfruttando come base le soluzioni tecnologiche già in uso nel punto vendita, come ad esempio una stampante per scontrini, è possibile supportare applicazioni e servizi innovativi volti a migliorare l'esperienza di acquisto”, suggerisce Adrian Clark, executive director vertical business di Epson Europe. Un’altra conferma arriva da uno studio di Deloitte: nel 2015 in Europa i punti di ritiro fisici per i prodotti acquistati online sono aumentati del 20%, raggiungendo 500mila location. Il modello “click and collect”, secondo Deloitte, diventerà un tassello sempre più importante all’interno delle strategie di commercio omnicanale.

 

Tutto ciò che il cliente non vede è l’altra faccia della medaglia della trasformazione digitale del retail. Parliamo delle tecnologie che aiutano a ottimizzare i flussi della logistica, l’allestimento di scaffali e reparti, prezzi ed eventuali sconti. Dal magazzino fino al cartellino del singolo prodotto, il tratto d’unione di attività così diverse sono i dati, cioè la loro raccolta, scrematura e analisi. Software apparentemente tradizionali, come i Crm e gli Erp, si arricchiscono di capacità di analytics e in particolare di analytics predittivi. Citiamo a mo’ di esempio la catena di beauty store di Sephora, che in oltre trecento punti vendita in Francia, Polonia, Cina e Stati Uniti ha adottato la soluzione TxtPlanning di Txt Retail per migliorare la previsione della domanda e la pianificazione dei rifornimenti. Obiettivi: vendere meglio, evitando le cosiddette “rotture di stock”, ma anche coltivare la soddisfazione di chi entra in negozio. Il cerchio si chiude, ancora una volta, sul cliente.

 

 

Il camerino diventa virtuale
Anche senza immaginare scenari ancora lontani, come l’uso di visori di realtà aumentata per simulare l’esperienza di shopping in negozio, le sperimentazioni tecnologiche in ambito retail non mancano. Per esempio, lo “specchio magico” di Intel (nella foto qui sopra, già adottato da Ovs in un suo punto vendita di Milano) che all’interno del camerino visualizza accessori aggiuntivi o un diverso colore del capo indossato. Oppure l’utilizzo fatto della tecnologia Microsoft Kinect da parte di Adidas, in un prototipo di punto vendita definito come “next generation fashion store”: un body-scanner collegando Kinect a uno schermo determina la taglia del cliente e permette di “indossare virtualmente” un capo di abbigliamento, sia da casa sia in negozio; una cabina di prova digitale, ricostruita in 3D, fornisce dettagli sul prodotto e consigli personalizzati.

 

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