10/03/2015 di Redazione

Il silicio salverà gli animali dalla sperimentazione dei farmaci?

I ricercatori dell’Università di Berkeley hanno progettato un chip contenente cellule staminali pluripotenti, capaci di simulare il funzionamento del tessuto cardiaco. Sulla matrice sono stati ricavati i vasi sanguigni, che hanno portato le molecole sommi

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Il dibattito sull’utilizzo dei modelli animali per testare nuovi farmaci infiamma da tempo il mondo scientifico: tra i pro e i contro evidenziati dagli esperti, non sembra esistano ancora valide alternative alla sperimentazione su organismi viventi che possano, in qualche modo, assomigliare al corpo umano. E se la rivoluzione, ancora una volta, arrivasse dal silicio? I ricercatori dell’Università di Berkeley, in California, hanno infatti creato in laboratorio un chip di circa due centimetri e mezzo che non contiene transistor, bensì parti di tessuto cardiaco. Il merito è delle cellule staminali pluripotenti indotte, che sono state impiantate nel silicio e lì hanno potuto svilupparsi per simulare il cuore umano.

Il team di scienziati ha poi potuto progettare questo heart-on-chip unico nel suo genere disegnando una vera e propria struttura che ricalcasse la geometria e le dimensioni del tessuto connettivo. Su entrambi i lati della matrice di silicio sono stati ricavati dei canali che simulassero i vasi sanguigni, per imitare il reale funzionamento di interscambio di sostanze tra vene, arterie e tessuti.

Le cellule hanno preso vita soltanto 24 ore dopo essere state riposte nel chip, con una frequenza a riposo oscillante tra i 55 e gli 80 battiti al minuto. I ricercatori sono passati poi alla fase di somministrazione dei farmaci, compresa una molecola per trattare la bradicardia, e hanno assistito al “miracolo”: le cellule hanno iniziato a lavorare a un ritmo sempre maggiore, raggiungendo in mezz’ora i 124 battiti al minuto.

L’ulteriore vantaggio è che i tessuti rimangono operativi per diverse settimane e possono così essere utilizzati per più test. Oltre al risparmio in termini di vita animale, poi, si potranno sfruttare le cellule dei pazienti in fase di pre-trattamento, per svolgere sperimentazioni sull’efficacia della terapia e per predire come il malato reagirà ai farmaci. Costruito ora il primo chip, gli scienziati dovranno passare alla fase successiva: progettare tutto il computer, ovvero provare a collegare tra loro i vari tessuti, anche di organi differenti, e simulare così un organismo più complesso.

 

(Immagine tratta da Nature)

 

“In media, per sviluppare una nuova molecola servono cinque miliardi di dollari di investimento e il sessanta per cento dei costi deriva dalla fase di studio”, ha commentato Kevin Healy, professore di ingegneria a Berkeley e capo del team di ricerca. “Utilizzare un modello di un organo umano progettato a dovere potrebbe ridurre in modo significativo sia le spese sia il tempo necessario per portare il farmaco a disposizione dei pazienti”. Il lavoro scientifico è stato pubblicato online su un portale collegato alla prestigiosa rivista Nature ed è disponibile a questo link.

 

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