Da una parte le aziende stanno incrementando gli investimenti in tecnologie “social”, dall’altra il middle management fatica ad integrare nella prorpia quotidiana operatività competenze e comportamenti necessari per cavalcare al meglio il fenomeno. Lo dice uno studio di IBM condotto su 1.160 professionisti appartenenti a diverse aree di business (IT ovviamente compresa), studio che registra un 46% di organizzazioni aver aumentato la spesa per tool e soluzioni di social business nel corso del 2012.
Per contro solo il 22% delle aziende campione ritiene che i propri
manager siano pronti ad incorporare soluzioni ed approcci “social” nelle
attività giornaliere e due terzi degli intervistati non sono sicuri di
comprendere appieno l’impatto che le tecnologie “social” avranno sulle
loro organizzazioni per i prossimi tre anni.
Dal rapporto di Big
Blue (dal titolo “The Business of Social Business: What Works and How
It’s Done”) emerge inoltre come le aziende all’avanguardia non si stanno
limitando a sviluppare una presenza sulle principali piattaforme
“social” bensì ad incorporare questi strumenti nei processi di core
business e ad applicarli in attività di lead generation e di servizio
post-vendita.
Lapidario e alquanto esplicito il commento a firma di Kevin Custis, Vice President e Global Leader per l’Area Social Business and Mobility di IBM Global Business Services: “le imprese fanno fatica ad interpretare l’enorme quantità di dati generati dai social network. Per trasformare una visione in realtà – ha detto il manager - i vertici aziendali devono guidare il middle management nella comprensione del valore apportato al business dall'essere social”. Come? Creando e diffondendo competenze di social business tra i dipendenti e incoraggiando allo stesso tempo gli stessi a un cambiamento comportamentale. Solo un quarto delle aziende ritiene però di essere pienamente preparata ad affrontare i cambiamenti culturali associati a questa trasformazione.
Come allora intraprendere questa sfida? Il rapporto IBM suggerisce al management di rendere disponibile un’infrastruttura che favorisca il coinvolgimento degli addetti aziendali (dando vita a forum, team room e spazi collaborativi), di integrare le pratiche “social” nelle quotidiane attività lavorative (a cominciare dall’uso di post sui blog aziendali) e di istruire i dipendenti in merito alle nuove modalità di collaborazione con soggetti al di fuori dell’organizzazione.
Il vantaggio derivante dall’uso efficace delle tecnologie “social”, chiude così la nota di IBM che accompagna lo studio, “permette alle organizzazioni di integrare e analizzare le enormi quantità di dati generati da persone, dispositivi e sensori e di mettere più agevolmente questa conoscenza al servizio dei processi di business, in modo da consentire decisioni più rapide e accurate”.
E che a Big Blue interessi parecchio il mercato delle applicazioni aziendali “social” lo confermano i dati di Forrester Research, secondo cui questo segmento è destinato a crescere ad un tasso del 61% sino al 2016.