21/02/2013 di Redazione

Il WiFi in Italia è veramente libero? Si, no, forse

L’abrogazione del Decreto Pisanu sull’identificazione degli accessi ai WiFi pubblici apre una serie di interrogativi: la responsabilità per eventuali attività illecite, infatti, ricade sui gestori dei locali e dei luoghi da cui ci si connette. Ce ne parl

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WiFi pubblico: un terreno minato. I rischi per i titolari di locali o spazi coperti da rete wireless aperta non sono pochi. Come risaputo, da un paio di anni il Decreto “milleproroghe” (D.L. 225 del 29/12/2010, entrato in vigore a gennaio 2011) ha abolito alcuni obblighi precedentemente previsti dal Decreto Pisanu del 2005. In particolare, quello di identificazione dei soggetti ai quali si fornisce il servizio e quello di tracciamento delle connessioni effettuate da hotspot WiFi pubblici.

Sul tema si è espresso Giovanni Guerri, presidente e Ceo di Guglielmo, un provider di servizi wireless che attualmente vanta oltre 12mila access point e un milione e mezzo di utenti registrati in Italia attraverso la propria piattaforma, Lumen.

Guglielmo gestisce circa 12mila access point


Recentemente è stata resa nota dai principali organi di stampa una sentenza dell'Autorità Garante della Privacy che, nella sostanza, conferma l’abrogazione del noto Decreto Pisanu (D.L. 144/05) sottolineando così che non è più necessario e obbligatorio identificare gli utenti che accedono ad una rete WiFi pubblica.

Questa notizia viene periodicamente riproposta come una non meglio precisata autorizzazione
incondizionata a lasciare le reti WiFi aperte negli spazi pubblici, senza alcuna responsabilità nei confronti degli utenti che dovessero compiere attività online illegali, autorizzazione che desta grande stupore e perplessità tra i professionisti del settore.

La possibilità di aprire la propria rete WiFi, ovviamente, non è un’attività illecita ed è una scelta che dipende esclusivamente dal titolare della linea Adsl, sia essa un sistema WiFi pubblico come un bar o ristorante oppure un normale WiFi domestico. In caso di operazioni online che violano le norme legislative, però, il titolare dell’impianto ne è comunque responsabile.

A mio avviso in Italia c'è un caos legislativo e di conseguenza interpretativo riguardo il WiFi pubblico accentuato ultimamente dalla notizia che il Garante della Privacy ha confermato che i gestori non hanno alcuna responsabilità circa la navigazione in Internet effettuata dagli utenti va chiarito in modo molto netto che tutte le attività online ricadono sotto la responsabilità del proprietario dell’impianto, come accade in qualsiasi altro paese del mondo.
La comunicazione senza fili è regolata dalle norme ordinarie, dal codice delle comunicazioni elettroniche e dalle norme dell’Agcom, quindi il Garante della Privacy non ha alcun potere decisionale in un campo che non è di sua competenza.

In base a queste considerazioni la ragionevolezza suggerisce ai titolari di esercizi pubblici di dotarsi di un sistema di autenticazione, che può essere una semplice chiave di accesso da comunicare ai propri clienti fino a sistemi più sofisticati disponibili sul mercato, ma spetta solo e soltanto al titolare dell’esercizio valutarne l’effettiva necessità assumendosi poi tutti i rischi del caso.

Purtroppo da troppo tempo i provvedimenti legislativi e interpretativi che si sono succeduti in questi anni in Italia sul WiFi sono stati sempre poco chiari e funzionali, confondendo le idee agli utenti e ai gestori, con la triste conseguenza che una tecnologia fondamentale allo sviluppo dei tantissimi servizi online innovativi non sia sfruttata fino in fondo.

Come per qualsiasi altro servizio, il suggerimento è dunque di affidare la propria rete WiFi, soprattutto se destinata all’accesso pubblico, alle Società che operano in questo settore a livello professionale e che potranno consigliare la migliore soluzione tecnologica, garantendo al proprietario della rete e agli utenti la massima sicurezza e affidabilità.


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