20/09/2011 di Redazione

In cerca della nuova Skype. E le start up che chiudono?

Al BootCamp di Mind The Bridge, nell'ambito della Social Media Week di Milano, sfilano domani (giovedi 22 settembre) 29 start up che promettono nuove idee e un nuovo modo di mettere a frutto le tecnologie digitali. C’è fermento anche se mancano gli opera

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È la settimana milanese della Social Media Week, del festival della Rete, delle iniziative volte a spiegare, dimostrare e toccare con mano come le tecnologie digitali e quelle social possono fare da trampolino di lancio ad iniziative imprenditoriali. E in questo ambito e con queste premesse si svolgerà il 22 settembre, alla Mediateca di Santa Teresa, il Mind the bridge BootCamp, dove sfileranno le 29 start up che hanno superato le selezioni nazionali della Competition 2011 e che sarà seguito dall’evento torinese previsto per il 23 e 24 settembre.



La ricerca della nuova Skype italiana, questo lo slogan dell’evento Mind the bridge, parte dunque da Milano e rispetto allo scorso anno c’è già un dato positivo da registrare: è raddoppiato il numero di business plan ricevuti. Ed è il segnale che il lavoro di semina fatto in questi anni sta iniziando a dare i suoi frutti. “La situazione - conferma in tal senso Alberto Onetti, chairman della Fondazione Mind the bridge - è decisamente migliorata. Negli ultimi anni si è creato infatti un gruppo di investitori importante anche se continuano a esserci lacune nell’area seed, quella iniziale di semina dove c’è bisogno di capitali inferiori, da 20 a 70 mila dollari, ma il profilo di rischio è sicuramente più alto”.

Migliori  business plan da parte delle imprese e una schiera più vasta di operatori per il seed sono, secondo Onetti, le due direzioni verso le quali bisogna muoversi. Spesso quando si presenta un business plan  si tratta di un lavoro ancora troppo acerbo per essere preso in considerazione da un venture capital. C’è bisogno infatti di un’attività preparatoria di affinamento dell’idea e che comprenda magari anche un viaggio nella Silicon Valley dove si scopre che ci sono anche una decina di aziende che stanno lavorando sulla stessa idea. Ma non è detto che siano meglio.


Anche il mondo dei venture capital, prevalentemente legati al mondo bancario dimostra una certa vitalità che si accompagna a iniziative degli enti locali che Onetti giudica però “iperframmentate, con un grande movimento e pochi risultati”. Così come nessun aiuto è arrivato in questi anni dalla politica (il colore del governo non c’entra). Se negli Usa una società la costituisci in pochi minuti a costi irrisori e in Italia sono necessari ben altri tempi e qualche migliaio di euro rimane difficile fare impresa nella Penisola. “Manca un intervento sistemico – è l’osservazione ancora puntuale di Onetti – con una direzione chiara verso incentivi, riduzione dei costi e semplificazione per il varo di nuove imprese”. Manca in sostanza quella politica industriale della quale molto si parla ma per la quale poco si è fatto.

Fra le start up dominano quelle legate al web con Blooming, l’e-commerce self service che permette di vendere on-line sul proprio sito, blog o su Facebook, Cookous, un un punto di incontro sul Web tra utenti-chef che organizzano pasti a casa ed utenti-ospiti che scelgono di partecipare secondo proprie preferenze culinarie o di prossimità geografica. Ma c’è anche Mytata per trovare la baby sitter online, o Vivocha, un servizio basato su cloud, studiato su misura per aziende che intendano costruire una relazione stabile con i propri utenti online, offrendo assistenza diretta e consulenza esperta ai propri clienti, per richieste di vendita o assistenza.

Fuori dall’ambito web c’è invece D-Orbit - Clean Tech & Agrifood - Dispositivi per riportare satelliti nell'atmosfera e distruggerli quando smettono di lavorare, fornendo accesso pulito e sicuro allo spazio o Quipu che punta a realizzare un approccio nuovo ed efficace attraverso lo sviluppo di sistemi non invasivi per la diagnosi precoce e accurata del rischio cardiovascolare.



Per tante start up che cercano fortuna c’è però qualcuno che ha gettato la spugna. E’ Itsme, la società fondata nel 2008 da Giorgio De Michelis, docente di informatica alla Bicocca, e a cui avevano aderito altri nomi come Alfonso Fuggetta, amministratore delegato del Cefriel, e Roberto Galimberti (ex Etnoteam).

La start up aveva come obiettivo la creazione di una workstation, basata su Linux, “di nuova concezione che supera la metafora del desktop” come scrisse Fuggetta sul suo blog. Creare un’interfaccia nuova, questo l’ambizioso obiettivo, che superasse la metafora della scrivania e collegasse storie e persone superando le classiche cartelle.

La società non è riuscita ad arrivare al prototipo anche a causa della mancanza di finanziamenti. Secondo De Michelis mancano circa tre milioni di euro che è deciso a trovare. Per l’autunno potrebbe esserci una nuova partenza dopo avere studiato una nuova strategia con Elserino Piol, il decano del venture capital in Italia, sempre sulla breccia. Da quando al centro delle attenzioni c'era la net economy.

 

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