16/09/2014 di Redazione

Innovazione: investire sui Big Five fa guadagnare di più

Mobile, social, cloud computing, advanced analytics e comunicazioni machine-to-machine sono le cinque tendenze su cui conviene investire. Secondo una ricerca commissionata da Verizon ad Harvard Business Review Analytic Services, le aziende che prima spend

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Spendere per guadagnare: funziona, purché gli investimenti siano indirizzati nel modo giusto. Anzi, nei cinque modi indicati dalle tendenze più forti dell’ict mondiale, i “Big Five”, ovvero il mobile, il social, il cloud computing, gli advanced analytics e le comunicazioni machine-to-machine. Uno studio realizzato da Harvard Business Review Analytic Services e sponsorizzato da Verizon, dal titolo The Digital Dividend – First Mover Advantage, dimostra come l’adozione tempestiva di queste tecnologie aiuti le aziende a ottenere migliori risultati di business, misurabili in soldoni.

Le interviste rivolte a 672 leader tecnologici e di business di tutto il mondo hanno, infatti, evidenziato l’importanza di “fare la prima mossa”, senza troppo temporeggiare. Coloro che rientrano nella categoria dei “pionieri” dei Big Five, cioè circa un terzo del campione (34%), tendenzialmente ottengono risultati di business migliori: in particolare, il 20% di queste aziende ha registrato una crescita del fatturato superiore al 30%, ovvero oltre il doppio rispetto alle aziende identificate dallo studio come “follower”.

Costoro, il 35%, tendono a non buttarsi immediatamente sulle tendenze emergenti investendovi solo dopo che i vantaggi sono stati comprovati. Ancora meno reattiva è l’ultima tipologia, quella dei “prudenti” (30%), che investono in una tecnologia solo dopo che essa è del tutto consolidata.

Il 57% di tutti gli intervistati considera l'It come un investimento che genera innovazione e crescita, ma analizzando le tre tipologie si notano atteggiamenti diversi. Fra i pionieri, la maggioranza (54%) identifica la tecnologia come fattore che porta a un mutamento dei propri modelli di business, mentre il 52% la considera come causa di un cambiamento significativo nei prodotti e nei servizi venduti. Di contro, solo il 29% delle aziende appartenenti alla categoria dei follower e il 10% dei prudenti considerano l’It come fattore di cambiamento dei modelli di business.

"Le aziende che vogliono primeggiare devono innovare costantemente”, ha commentato Tony Recine, chief marketing officer di Verizon Enterprise Solutions, “e questo studio dimostra come la tecnologia sia un importante fattore abilitante per la crescita del business. Lo studio di HBR-Analytic Services dimostra come le tecnologie Big 5 siano ora considerate un motore di crescita che crea nuovi modelli di business e cambia il modo in cui le aziende interagiscono con i loro clienti. Aspetto più importante, il valore di queste nuove tecnologie risiede non tanto in quello che le stesse possono raggiungere di per sé, quanto nella loro forza quando sono combinate all'interno di una soluzione olistica".


Gli ostacoli culturali e organizzativi
Quali, tra le tecnologie Big Five, sono attualmente più usati? Non stupisce che il primo posto spetti ai social media, usati in vario modo dall’83% delle aziende interpellate, per finalità di marketing e di collaborazione interna. Segue il cloud, tendenza che investe molteplici tecnologie e aree (infrastruttura, piattaforme, applicazioni, gestione dei dati) e che è coinvolge il 73% degli intervistati. La mobilità è già stata ampiamente adottata del 61% del campione, mentre solo il 20% utilizza in modo estensivo le tecnologie M2M e gli analytics si fanno strada soprattutto in alcuni settori, come quello finanziario.

Gli ostacoli all’adozione non mancano, e non sono necessariamente di natura economica. Il 34% dei manager intervistati ha citato l’esistenza di tecnologie legacy come fattore che rallenta l’innovazione, mentre per il 44% ci sarebbe bisogno di una maggiore flessibilità culturale per poter creare nuovi modelli di lavoro e di business. Altro punto dolente è la collaborazione, ancora imperfetta, fra i vari dipartimenti aziendali: in particolare, viene criticata la separazione dell'It dalle operazioni di business o la sua collocazione all'interno di silos funzionali.

Vero è (e in tal senso lo studio di Verizon conferma i risultati emersi da altri report) che un crescente numero di manager dichiara di prendere parte alle decisioni che riguardano le tecnologie, con un 25% di interpellati che si considera "molto coinvolto" e un 48% che ritiene di essere "in qualche modo coinvolto". Di questi, il 42% è costituito da executive leader; il 30% da senior manager e il 14% da manager di altro tipo.

"Le nuove tecnologie possono fornire un reale vantaggio competitivo, ma un'azienda deve impegnarsi a utilizzare l’Itper creare nuovi processi e modelli di business", ha ribadito Angelia Herrin, research and special projects editor di Harvard Business Review. "Le aziende devono diventare più flessibili in termini di implementazione tecnologica e rendere l'innovazione parte della propria cultura per concretizzare il reale valore di business".



Paese (e settore) che vai, tecnologia che trovi
L’area geografica e il settore verticale di appartenenza condizionano il posizionamento delle aziende nella categoria dei pionieri, dei follower o dei prudenti. Per esempio, le organizzazioni finanziarie rientrano raramente nella prima tipologia, ma non tanto per ragioni culturali quanto per i rischi legati alle rigorose normative di settore e alla natura dei dati trattati. Nel comparto energia e utility, invece, il 43% degli intervistati punta a garantirsi il vantaggio della prima mossa investendo tempestivamente nei Big Five;  il 67%, inoltre, ritiene che le nuove tecnologie permettano di essere più reattivi nei confronti dei clienti, il 72% pensa che migliorino la collaborazione interna. Il settore manifatturiero è fra i più lenti nel percorso di innovazione It (26% di pionieri, 39% di prudenti) , specie a causa di iniziative di consolidamento in atto.

La Sanità è un caso emblematico, perché nonostante i suoi operatori tendano ad arrivare in ritardo sull’adozione di tecnologie, aspettando che esse siano pienamente sperimentate, allo stesso tempo il 90% di essi ammette i vantaggi dei Big Five e il 72% utilizza il cloud. Non stupisce, al contrario, che fra le società di tecnologia ben il 62% creda nel vantaggio della prima mossa. A di fuori di questi confini in cui l’It “gioca in casa”, la cultura dell’innovazione più radicata si trova fra chi eroga servizi di business e consulenza: il 45% crede fermamente nei vantaggi offerti dalla tecnologia per conquistare il vantaggio della prima mossa (contro la media del 34% rilevata dallo studio su tutti i settori verticali) e in particolare il  49% ha visto migliorare lo sviluppo di prodotti grazie a tecniche analitiche avanzate.

Che dire della Pubblica Amministrazione? Qui le contraddizioni si fanno più evidenti poiché nonostante il 64% degli intervistati dichiari di considerare l’It come un investimento che produce innovazione, solo il 18% è interessato al vantaggio della prima mossa. I dipendenti pubblici ritengono che servirebbero una maggiore flessibilità culturale (citata dal 51% degli interpellati) e la capacità di immaginare nuovi modi di fare le cose (46%). Il 68% ha dichiarato che l'adozione di nuove tecnologie porterebbe a una migliore reattività nei confronti dei clienti.

Quanto alle differenze geografiche, i mercati in crescita come l'America Latina, il Medio Oriente e l'Africa hanno mostrato di contenere in maggioranza aziende pioniere. I mercati consolidati come l'Asia, l'Europa e il Nord America dimostrano più facilmente di aver superato le sfide causate da tecnologie legacy ormai obsolete. Spetta alle aziende asiatiche il merito di aver registrato il cambiamento più considerevole nello sviluppo dei prodotti grazie a una significativa adozione tecnologica (nel 41% dei casi, a fronte del 28% dell’Europa).

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