I microprocessori, almeno per qualche anno ancora, non sfuggiranno alla legge di Moore, che nel 2015 compie cinquant’anni: ogni 18 mesi, quindi, le Cpu forniranno prestazioni raddoppiate. Intel spera di rimanere al passo con i tempi, se è vero che nel 2016 rilascerà i suoi chip con processo produttivo a dieci nanometri e, nel 2018, arriverà a lanciare sul mercato dei gioiellini a sette nanometri, senza dover passare a tecnologie di realizzazione molto più costose e complesse. Dopo precedenti dichiarazioni ufficiose, la conferma arriva dall’International Solid-State Circuits Conference, in corso fino al 26 febbraio a San Francisco e intitolata Silicon systems, small chips for Big Data.
Il gigante dei microprocessori ha in serbo una serie di documenti tecnici e di lavori scientifici che verranno presentati in questi giorni nella città californiana. Tre di questi tratteranno della tecnologia a 14 nanometri, che vivrà di nuova luce non appena Intel rilascerà il processore Core M basato sul nuovo design Skylake, avanzamento delle attuali Cpu Broadwell.
Ma le indiscrezioni più interessanti arrivano dall’avanzata dei processori a dieci nanometri. Mark Bohr, senior fellow del colosso di Santa Clara, ha dichiarato che la linea di produzione di queste Cpu procede a un passo decisamente spedito, con una velocità maggiore del 50% rispetto a quanto accaduto con il processo a 14 nanometri. Il rilascio di Broadwell, infatti, vide l’allungarsi dei tempi in casa Intel, a causa di ostacoli tecnici non di poco conto.
Passare da transistor grandi 22 nanometri a “fratelli minori” di 14 nanometri rappresenta una sfida produttiva enorme. Problemi che si presentano, ovviamente, a ogni aumento della densità dei transistor e a ogni riduzione delle dimensioni. Ma dalle parti di Santa Clara, a quanto pare, piace rispettare la legge: soprattutto quella di Moore.