19/12/2017 di Redazione

Kaspersky Lab si ribella all'ostracismo di Donald Trump

L'azienda ha fatto ricorso contro la messa al bando dei software e delle soluzioni Kaspesky negli uffici degli enti governativi statunitensi. La decisione del Department of Homeland Security è bollata come incostituzionale e non giustificata dai fatti.

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Nel mondo digitale riscritto da Donald Trump non c'è posto per la Net Neutrality, che fu conquista del mandato di Barak Obama, né per la tecnologia di Kaspersky Lab, messa al bando negli uffici degli enti governativi anche formalmente qualche giorno fa, dopo l'annuncio dello scorso settembre. Ma la software house russa ha già avviato una battaglia giudiziaria contro quello considera un atto incostituzionale. I dissapori con il Department of Homeland Security erano cominciati mesi fa, con sospetti e poi accuse secondo cui gli antivirus di Kaspersky avrebbero fatto da cavallo di Troia per azioni di cyberspionaggio di soggetti legati al Cremlino.

La società aveva negato e argomentato per dimostrare la propria correttezza, anche rispetto al furto di dati dal Pc di un dipendente della National Security Agency, un caso risalente al 2014. Ciononostante, lo scorso settembre era stata emessa la Binding Operational Directive dello scorso settembre, una direttiva che vieta l'uso delle tecnologie di Kaspersky da parte delle agenzie governative statunitense. Nel documento di definizione del budget 2018 del Dipartimento di Sicurezza Nazionale, approvato la settimana scorsa, si è poi specificato che nessun“dipartimento, agenzia, organizzazione o altro elemento del governo federale possa usare […] hardware, software o servizi sviluppati o forniti, in tutto o in parte, da Kaspersky Lab”.

Ora la contromossa: in accordo con la legge sulle procedure amministrative vigente negli Usa, l'azienda ha presentato ricorso per “far valere i propri diritti processuali costituzionali”, si legge in una nota, e per contestare la Binding Operational Directive. A detta della software house, la decisione del Department of Homeland Security sarebbe “incostituzionale e basata su fonti pubbliche soggettive e non tecniche, come resoconti fatti dai media, dichiarazioni e rumor non avvalorati, e spesso anonime”. Il Dipartimento, inoltre, non ha consentito a Kaspersky “un adeguato processo che le consentisse di contestare le accuse infondate alla base della direttiva”, benché fin dall'estate la società abbia cercato di collaborare con il governo Usa, fornendo informazioni e dimostrazioni di trasparenza.

A metà agosto”, si legge nella nota, “il Dhs ha confermato di aver ricevuto la lettera da parte dell’azienda e di aver apprezzato l'offerta di fornire informazioni e ha manifestato interesse per future comunicazioni con Kaspersky Lab in merito alla questione. Tuttavia, la successiva comunicazione ricevuta da Kaspersky Lab da parte del Dhs è stata la notifica dell’emissione della Binding Operational Directive 17-01, in data 13 settembre 2017”. Non da ultimo, viene sottolineato come il Dipartimento non abbia fornito “alcuna prova di illecito” commesso dall'azienda russa.

 

 

Con il ricorso, ora Kaspersky mira a ottenere “un giusto processo ai sensi della Costituzione degli Stati Uniti e della legge federale” e a rimediare al danno di reputazione. A quest'ultimo scopo punta anche l'annuncio, due mesi fa, della “Global Transparency Initiative”: un'iniziativa che prevederà l'apertura di tre “centri di trasparenza” entro il 2020, in Asia, Europa e Stati Uniti, l'aumento delle ricompense per i cacciatori di bug (fino a 100mila dollari per chi scovi vulnerabilità gravi all'interno dei prodotti Kaspersky) e, quel che più conta, una revisione indipendente del codice sorgente, degli aggiornamenti del software e dei processi interni all'azienda.

 

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