L’antitrust cinese riapre l’accordo Qualcomm-Nxp
Le autorità cinesi hanno manifestato la volontà di trovare nuove soluzioni ai dubbi sull’acquisizione di Nxp Semiconductors da parte della compagnia di San Diego, che intanto ha già pagato una miliardaria commissione di chiusura alla rivale olandese.
Pubblicato il 30 luglio 2018 da Ludovica Solla

Non è detta l'ultima parola sull'accordo di acquisizione di Nxp Semiconductors da parte di Qualcomm, che pareva sfumato. All’indomani della scadenza dell’ultimatum dato dal chipmaker californiano, l'antitrust cinese ha fatto sapere di essere ancora alla ricerca di una soluzione, dopo aver riscontrato problemi. Era fissata per lo scorso giovedì la data ultima entro la quale le autorità cinesi avrebbero dovuto pronunciarsi in merito alla volontà di Qualcomm di acquistare la rivale olandese, rafforzando così ulteriormente la propria posizione di leader nel mercato dei processori per smartphone.
Dato l’assoluto silenzio da parte dell’antitrust asiatica, la compagnia di San Diego aveva deciso di abbandonare l’accordo da 44 miliardi di dollari, pagando a Nxp una commissione di rottura di due miliardi di dollari e annunciando un piano di buyback da 30 miliardi. Venerdì però, l’Amministrazione Statale Cinese per la Regolazione del Mercato (Samr) ha dichiarato che le proposte del chipmaker americano non erano sufficienti a risolvere i dubbi su possibili distorsioni del mercato derivanti dall'acquisizione, ma che ancora si sperava di portare avanti il dialogo con il produttore dei chip Snapdragon, cercando soluzioni alternative.
“Arrivando il giorno dopo la scadenza, la mia ipotesi è che la dichiarazione del Samr abbia lo scopo di contrastare la sensazione che il processo di approvazione fosse politicizzato, non di rilanciarlo” afferma Andrew Gilhom, direttore delle analisi per la Cina e l’Asia settentrionale presso la società di controllo Control Risks. Ai microfoni della Cnbc, il Ceo di Qualcomm Steven Mollenkopf aveva sostenuto che la sua azienda fosse rimasta incastrata nella guerra commerciale tra Washington e Pechino. Il Segretario del Tesoro statunitense Steven Mnuchin aveva quindi preteso che le aziende americane ricevessero un giusto trattamento da parte delle autorità cinesi.
Sebbene la Cina smentisca un collegamento tra la tensione con gli Usa e l’accordo, dichiarando di comportarsi allo stesso modo con tutte le aziende che si trovano a investire nel Paese, secondo Gilhom non ci sono dubbi sul fatto che gli Stati Uniti abbiano interpretato la vicenda in chiave politica. “Quello che non sappiamo”, ha detto, “è se questo sia un una tantum o meno. Immagino sia questa la prossima domanda”.
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