25/06/2018 di Redazione

L'innovazione italiana è “moderata”, l'Ue meridionale fa di meglio

La nuova edizione dell'Innovation Scoreboard della Commissione Europea riconosce un ruolo da leader ai Paesi scandinavi e al Regno Unito. La posizione italiana non è brillante, ma anzi inferiore anche a quella di piccole nazioni come Cipro e Malta.

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Dici Cipro o Malta e pensi al sole. Ma c'è anche innovazione in queste e altre realtà dell'Europa meridionale, più di quanta ce ne sia attualmente in Italia: così ha stabilito la nuova edizione dello “European Innovation Scoreboard”, annuale indice che misura gli sforzi ma anche i risultati dei Paesi membri dell'Ue in fatto – appunto – di innovazione. Analizzando i punti di forza e debolezza dei vari Stati in fatto di ricerca e sviluppo impenditoriale, lo “Scoreboard” certifica per l'intera Ue un miglioramento non disprezzabile: la “performance di innovazione” dal 2010 a oggi è migliorata di quasi sei punti percentuali (5,8%) e aumenterà di un ulteriore 6%, da stime, nei prossimi due anni. Pur ospitando solo il 7% della popolazione mondiale, l'Europa genera circa un quinto degli investimenti in ricerca e sviluppo dispiegati ogni anno su scala planetaria. Ma se guardiamo al solo settore pubblico, notiamo che il rapporto fra spesa in R&D e prodotto interno lordo sta calando: è inferiore al 3%.

Negli ultimi anni è stato ridotto il distacco dai capofila Canada, Giappone e Stati Uniti, ma siamo anche braccati più da vicino dalla Cina, un colosso attualmente ancora dietro al Vecchio Continente ma capace di crescere in innovazione a velocità tripla. Nel complesso l'Unione, sottolinea Elżbieta Bieńkowska, commissario europeo per il Mercato interno, l'industria, l'imprenditoria e le Pmi, “ha richezza di talento e spirito imprenditoriale, ma dovremmo fare di meglio per trasformare questa eccellenza in successo”. Alla dichiarazione è seguito il noto appello a fare sistema, mettendo insieme gli sforzi comunitari e quelli dei singoli Stati. Per Carlos Moedas, commissario per la Ricerca, la scienza e l'innovazione, ci ritroviamo con una Ue “forte nella scienza ma con prestazioni basse nell'innovazione”, che potrà comunque trarre giovamento dai 100 milioni di euro destinati alla ricerca nei piani di Horizon Europe (programma che seguirà all'attuale Horizon 2020). Queste risorse però da sole non basteranno, ammonisce la Commissione, se mancherà uno “sforzo comune del settore pubblico e del privato”.

Lo scorso maggio Jyrki Katainen, il primo ministro finlandese e vicepresidente della Commissione europea per il lavoro, la crescita, gli investimenti e la competitività, aveva rimarcato che “l'Europa ha i migliori ricercatori al mondo e una forte base industriale. Ma dobbiamo fare meglio, molto meglio”.

 

 

Lo Stivale arriva alla sufficienza
Come sempre, quando si parla di Vecchio Continente, va fatto qualche distinguo. La Svezia si conferma, come nelle passate edizioni dell'indice, il cavallo di battaglia dell'innovazione europea, seguito da Danimarca, Finlandia, Paesi Bassi, Regno Unito e Lussemburgo. Queste nazioni rientrano nella categoria dei “leader, cui segue quella degli “innovatori forti”, ovvero Germania, Belgio, Irlanda, Austria, Francia e Slovenia. Mancano ancora ben sei posizioni (nell'ordine, Repubblica Cea, Portogallo, Malta, Spagna, Estonia e Cipro) prima di trovare l'Italia, nel mezzo del gruppo degli “innovatori moderati”. Ci seguono in questa categoria Lituania, Ungheria, Albania, Slovacchia, Lettonia, Polonia e Croazia, mentre il fanalino di coda sono gli unici due “modesti innovatori”, Bulgaria e Romania.

Se vorrà migliorare, per l'Italia vale l'appello generico alla necessità di “fare sistema”, ma molto altro ci sarebbe da dire sulla scarsa capacità del nostro Paese di non far fuggire i cervelli, siano essi studenti universitari, ricercatori o startupper. Potremmo poi forse ispirarci ai pregi specifici di altre nazioni europee, e in particolare alla Danimarca per quanto riguarda l'innovazione nel campo delle risorse umane, al Lussemburgo per il suo sistema propizio alla ricerca, alla Francia per il supporto (anche finanziario) garantito agli innovatori, all'Irlanda per la capacità di far sbocciare nuove idee nelle piccole e medie imprese.

 

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