12/09/2018 di Redazione

L'intelligenza artificiale porta ricchezza ma crea disparità

Uno studio di McKinsey stima che da qui al 2030 le tecnologie di AI avranno generato 13.000 miliardi di dollari di giro d'affari. Con il rischio, però, di aumentare le distanze fra chi si muove rapidamente e chi è in ritardo.

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L'intelligenza artificiale è un bell'affare: da qui al 2030 avrà generato un valore di 13.000 miliardi di dollari, secondo un nuovo studio di McKinsey Global Institute. Nei prossimi anni cresceranno a dismisura le applicazioni basate su robot “fisici” e bot, interfacce vocali, algoritmi di machine learning, sistemi di visione artificiale e guida autonoma per droni e veicoli su ruote, software di analisi dei dati a beneficio dello studio scientifico, della meteorologia, del marketing, della manutenzione predittiva e moltro altro ancora. Parlare di una quarta rivoluzione industriale sarà ampiamente giustificato dai numeri.

L'avvento del motore a vapore tra il 1850 e il 1910 aveva determinato una crescita di prodotto interno lordo mondiale annuo dello 0,3%, mentre secondo la simulazione di McKinsey da qui al 2030 ogni anno l'intelligenza artificiale contribuirà a circa l'1,2% del Pil. E non solo: i cinque ambiti considerati nello studio (computer vision, linguaggio naturale, assistenti virtuali, robotic process automation e apprendimento automatico evoluto) avranno sull'economia mondiale un impatto doppio rispetto a quello prodotto dall'informatica negli anni Duemila. La crescita sarà il frutto di diversi elementi, fra cui l'automazione del lavoro, l'innovazione e l'apertura di nuovi mercati concorrenziali.

Una forza benefica, dunque? Potenzialmente sì, ma anche una forza che potrà creare ulteriori disparità fra le nazioni, fra le aziende e fra gli stessi lavoratori. L'intelligenza artificiale ha un “grande potenziale di contribuire all'economia mondiale”, scrive McKinsey, “ma per massimizzare i vantaggi le distanze sempre più ampie fra nazioni, aziende e lavoratori dovranno essere gestite”. Variabili come la velocità di adozione dell'AI, il livelli di connettività e la struttura del mercato del lavoro in ciascun Paese impatteranno, in positivo o in negativo, sull'entità dell'impatto sulle economie nazionali. Chi tarderà ad abbracciare l'intelligenza artificiale “potrebbe avere difficoltà a ottenere vantaggi dall'AI, perché chi sta in testa ha già catturato opportunità laddove i ritardatari stentano a sviluppare capacità e ad attrarre talenti”.

Non tutti adotteranno il medesimo approccio, come naturale che sia. Alcune aziende si focalizzeranno in particolare su una tipologia di AI o su alcune finalità d'uso, mentre altre si interesseranno a più di una o addirittura a tutte e cinque le categorie tecnologiche sopra citate. Nelle previsioni di McKinsey, entro il 2030 circa sette aziende su dieci avranno adottato almeno un tipo di intelligenza artificiale, mentre meno di una su due avrà avviato progetti su tutte e cinque. Chi non adotterà alcuna forma di AI, al contrario, rischia non solo di perdere un'occasione di crescita ma addirittura di retrocedere: a parità di costi e modello di business, in media, queste aziende osserveranno decrementi di fatturato del 20% rispetto all'attuale livello.

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