28/03/2019 di Redazione

La blockchain si fa spazio nella moda e tra le commodity

Secondo diverse indiscrezioni, il colosso del lusso francese Lvmh (Louis Vuitton, Christian Dior, Fendi) e la borsa londinese London Metal Exchange starebbero approntando delle soluzioni basate sulla catena di blocchi per tracciare materie prime e prodott

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Dai metalli preziosi ai capi di abbigliamento (spesso più costosi dell’oro). La blockchain è protagonista in queste ore di alcune novità che toccano direttamente la vita di aziende prestigiose. Come il gruppo francese del lusso Lvmh, che controlla fra gli altri i marchi Louis Vuitton e Christian Dior, il quale starebbe sperimentando Aura: una soluzione di tracciabilità dei prodotti basata sulla catena di blocchi. Secondo la testata specializzata Coindesk, l’azienda starebbe lavorando in “gran segreto” da circa un anno con Microsoft (che fornisce la piattaforma Azure) e con la realtà svizzera Consensys, specializzata nello sviluppo applicativo sulla blockchain di Ethereum. La base tecnologica è stata però fornita inizialmente da Jp Morgan, che ha creato una rete permissioned, chiamata Quorum, su cui è stato poi costruito il progetto di Lvmh.

Aura potrebbe vedere ufficialmente la luce tra maggio e giugno, anche se per ora nessuna delle società coinvolte ha voluto commentare pubblicamente le indiscrezioni. Una fonte anonima ha però spiegato a Coindesk come l’iniziativa “fornirà una prova di autenticità dei beni di lusso e traccerà la filiera, dal materiale grezzo fino al punto vendita e oltre. La seconda fase riguarderà lo studio di nuove modalità per proteggere la proprietà intellettuale […] e i sistemi antifrode”. Il codice potrebbe anche essere messo a disposizione di concorrenti e partner.

Starebbe invece lavorando con Mercuria, realtà attiva nel mercato delle materie prime, il London Metal Exchange: la borsa dei metalli non ferrosi più importante del mondo, basata a Londra, secondo il Financial Times starebbe sviluppando un sistema su blockchain per tracciare il commercio di materie prime come alluminio e zinco. Il progetto, chiamato Forcefield, sarebbe già supportato da banche come l’olandese Ing e l’australiana Macquarie.

 

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